Alla scoperta di una grande civiltà antica, dei suoi capolavori ma anche delle sue atmosfere: 'Gli Assiri all'ombra del Vesuvio' (fino al 16 settembre) al Museo...
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«E una mostra fortemente voluta dal MANN con il coordinamento dell'Università degli studi di Napoli L'Orientale - spiega il direttore dell'Archeologico Paolo Giulierini, che con Simonetta Graziani firma l'esposizione - per fare luce sul patrimonio di calchi di ortostati i cui originali sono ora conservati presso il British Museum. Ci furono tempi infatti in cui il nostro Museo ambiva a rappresentare tutte le civiltà, come testimonia anche la presenza della collezione egizia. Oggi in un clima di rinnovato slancio internazionale, e in attesa del riallestimento definitivo, dal MANN emergono opere che ci parlano di storie apparentemente lontane nel tempo e nello spazio rivelandosi veicolo eccezionale di connessione tra i popoli in un mondo globalizzato». I calchi furono realizzati da Domenico Brucciani per riprodurre i rilievi neoassiri, rinvenuti nei palazzi di Assurnasirpal II (883-859 a.C.) a Nimrud e di Assurbanipal (668-630 a.C.) a Ninive, e conservati oggi nell'Assyrian Basement del British Museum di Londra. Le riproduzioni delle grandi lastre in calcare giunsero al Museo grazie ad Alessandro Castellani che li affidò a Giuseppe Fiorelli. All'Archeologico fu legato, soprattutto, Henry Austin Layard, autore delle celebri campagne di scavo che portarono in Inghilterra, alcuni capolavori dei palazzi neoassiri: vicino a Fiorelli, anche per la condivisione degli ideali risorgimentali, Layard donò al Museo un frammento di rilievo assiro ed alcuni pregevoli libri, riproposti nel percorso. Accanto ad un ritratto di Lady Layard affacciata sul Canal Grande, a documenti e litografie che ripropongono le campagne di scavo, anche un touch screen permette al pubblico di sfogliarle. Il contributo della tecnologia e l'idea di un allestimento che coinvolge i cinque sensi rende l' esperienza del visitatore totalmente immersiva:
«Conoscenza,innovazione e divertimento possono coesistere in una mostra», ricorda Giulierini.
Il Mattino