Riapre stasera in via eccezionale – e resterà aperta fino al 25 dicembre – la storica galleria Eloart di Forio d’Ischia, per ospitare la nuova personale...
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Gli ultimi lavori del 43enne talento che si è formato a Napoli, prima al liceo artistico dei SS. Apostoli e poi all’Accademia di Belle Arti, sono un dichiarato omaggio all’insularità, fin dal titolo di «Isole». Barchette, pesci (come le curiose triglie color amaranto) e poi le case e le incursioni nell’essenza architettonica isolana, i bollenti fichi d’india e le quiete strisce marine con le loro ondulazioni presunte, si presentano come un leggero eppure massivo elenco di sequenze espositive che evocano un ricordo. La replica di oggetti e soggetti testimonia la possibilità di sommare i frammenti d’amore per la propria terra, attraverso una miriade di simboli creativi. Si tratta di 80 inchiostri di formato verticale (40 opere sono 30x60cm; le altre sono divise equamente tra 20x50cm, e 20x40), accostati in progressione geometrica.
«Alcuni dei lavori a inchiostro – sottolinea Di Chiara - sono arricchiti da passaggi realizzati a linoleografia, tecnica di stampa artigianale che si applica tramite l’uso di matrici di gomma naturale (linoleum) incise a mano». In ogni caso, è negli acrilici su tela di grandi dimensioni intitolati «Cargo», che lo stile dell’artista si sta confermando vincente. «Quest’anno – aggiunge - ho esposto la nuova serie “Cargo2019” al museo portuale di Amburgo, che ha allestito per l’occasione un intero container all’ingresso del museo stesso. A seguire ho partecipato a due collettive con “Pop Icons” e nuovamente “Cargo” nelle gallerie Art 333 di Zurigo e Living Room Gallery di Amburgo. Ho poi firmato un contratto di collaborazione con la AG Gallery di Amburgo, una delle poche gallerie d’arte con sede aeroportuale in Europa. Da qui è nato un progetto che mi ha coinvolto nell’allestimento degli interni della Lounge dell’aeroporto di Amburgo».
Va detto che il canone estetico del progetto «Cargo» è caratterizzato dalle navi e i porti, le macchine e le attrezzature, partendo da immagini catturate tra Napoli, Genova, Rotterdam e appunto Amburgo con deviazioni itineranti: affonda le radici nelle avanguardie dell’800 e nelle lezioni dei Russi e degli Americani d’inizio ‘900. Si tratta di esempi che felicemente trasbordano nella Pop Art, intesa come leva propulsiva, e la superano. Le gru, le gomene, le bitte, i rimorchiatori, le motovedette e le immense portacontainer che solcano gli oceani e trasformano lo spazio delle darsene, sono una finestra sul mondo dell’operosità umana che c’è ma non si vede. Presenza-assenza che è tale, almeno fino all’apparire di un palombaro, figura tangibile, esemplare per la sua modernità controversa che indica una strada della ricerca: dal fondo del mare verso la superficie delle cose. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino