La Grecia di Pericle, la Roma Imperiale, il Medioevo normanno. Ma anche la Francia del gotico provenzale, la Catalogna dei tempi aragonesi, la Spagna del secolo d'oro e quella...
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Ciò che davvero sorprende, leggendo l'ultimo libro di Marco Perillo, I luoghi e i racconti più strani di Napoli (Newton Compton, pagine 448, 12,90 euro) è la varietà di toni, registri e spartiti utilizzati per raccontare una città-mondo che continua ad affabulare e sedurre, una tela di Penelope che si disfa e si rinnova ogni giorno, di luogo in luogo, di tempo in tempo. «E a noi narratori - scrive Perillo - come aedi dei poemi omerici, di bocca in bocca, tocca cantarla, ricordarla, non dimenticare il suo irripetibile passato». Se parla al plurale, Marco («Noi narratori») è perché sa bene che il suo racconto rientra, con la leggerezza di uno stile asciutto, giornalistico, senza fronzoli, in una sinfonia a più voci. In un solco già tracciato, con successo, da autori come Maurizio Ponticello, Martin Rua, Agnese Palumbo, Antonio Emanuele Piedimonte. Una narrazione vincente perché lontana dagli stereotipi e dai gomorrismi, attenta a cogliere gli aspetti più misteriosi del paesaggio urbano; a scrostare i sedimenti del tempo, a scavare sotto la superficie, a camminare per le strade guardando oltre, dietro, sotto e certe volte attraverso. Perché tra storia e mito, di strada in strada, di leggenda in leggenda, Napoli continua a svelare a ogni passo i suoi tesori sepolti, come uno scrigno di antiche memorie. E solo Dio sa, in una città dove anche gli Archivi cadono a pezzi, quanto sia importante la manutenzione della memoria.
Perché un altro libro su Napoli? Perché - risponde Marco Perillo - la ricerca della memoria, la riscoperta di luoghi, storie e tesori nascosti non termina qui e e forse non terminerà mai. «È un assoluto bisogno, proprio oggi, quando la riscoperta del passato rende senso a un presente asfittico e vorace». Il racconto di Perillo (dedicato alla memoria di Luciano De Crescenzo e di Francesco Durante) spazia dalla città pagana alla città sacra, dalla città di sopra a quella di sotto. In un viaggio così ricco, risaltano alcune chicche, come la descrizione dell'antico Ordine della Nave, istituito a fine Trecento (epoca durazzesca) con il dichiarato intento di riconquistare la Terra Santa; o come l'incredibile racconto di due chiese gotiche medievali sepolte dalla lava dei Vergini e tuttora nascoste nelle viscere della Sanità.
Il lungo viaggio di Marco (martedì 12 alle 18 la presentazione alla Feltrinelli di piazza dei Martiri, con Martin Rua e Agnese Palumbo) si chiude con un'esortazione. Se Napoli è un patrimonio dell'umanità «non possiamo tralasciare la questione del decoro e del rispetto storico, della tutela per il nostro passato e per i nostri tesori. Si è fatto tanto, negli ultimi anni, per il riscatto turistico e culturale della città. Eppure non basta». No, non basta: lo vediamo ogni giorno, e ogni giorno ce ne danniamo. Così, paradossalmente, di «strano» vi è proprio questo. Che tanti luoghi storici e meravigliosi della città restino a marcire nel degrado, come scrigni gettati alle ortiche. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino