Teatro Elicantropo di Napoli, in scena: La nuova tonaca di Dio di Jo Clifford

Massimo Di Michele porta in scena il testo della drammaturga inglese da giovedì 5 gennaio

La nuova tonaca di Dio di Massimo Di Michele
Il monologo, testo drammaturgico inglese, si snoda su due punti fondamentali: Perché la storia e la società c’insegnano a essere, inequivocabilmente,...

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Il monologo, testo drammaturgico inglese, si snoda su due punti fondamentali: Perché la storia e la società c’insegnano a essere, inequivocabilmente, uomini oppure donne? Chi ha mai stabilito così nette distinzioni tra i sessi e cosa di più appropriato si applica a ciascuno di essi?

Da qui bisogna partire per entra nell'atmosfera de La nuova tonaca di Dio (God’s new frock) di Jo Clifford, che Massimo Di Michele, porterà in scena da giovedì 5 gennaio 2023 alle ore 21.00, con repliche fino a domenica 15, al Teatro Elicantropo di Napoli.

L’allestimento, presentato da Artisti Associati centro di produzione teatrale, si avvale della traduzione di Lorenzo Stefano Borgotallo, con i costumi a cura di Alessandro Lai e la scrittura gestuale di Dario La Ferla.

L’autrice, con caustica ironia, re-intreccia l’atavica trama della storia più antica del mondo: la nascita del creato. Ma non è esattamente la genesi che ci è stata raccontata tra gli incensi di una messa, piuttosto, la percezione confusa e surreale che Clifford da bambino ha del racconto biblico.

È il perplesso racconto di un Dio che, puntino solo e annoiato perso nel nulla cosmico, crea il mondo con fare da principiante, modellando un uomo dal fango, come fosse un piattino o una tazzina, e creando, poi, Eva, per alleviare la solitudine di Adamo.

Stabilisce, una volta cacciati i due dal giardino dell’eden, che l'uomo dovrà lavorare la terra col sudore della fronte e la donna dovrà partorire con dolore. È la storia di come Dio voglia che l’essere umano sia maschio o femmina, e che tutto quello nel mezzo, invece, non esista.

La narrazione segue un percorso ascendente, che culmina nell'iconoclastica accusa a Dio, alla visione che le religioni ne hanno ideato, alla natura secolare delle sue chiese che lo interpretano alla luce di logiche terrene e parziali.

Il testo, si chiude con una benedizione che non è tanto la fine di un percorso ma un richiamo al principio, prima che fosse corrotto dalle religioni storiche. Se esiste un peccato originale, esiste ancor prima una benedizione originale, che è lo spirito puro del divino, dell’essere. Ma quanto questo divino è frutto dell’uomo stesso? L'opera di creazione in cui l’uomo è co-protagonista non è mai finita, ma continua ogni giorno.

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Il Mattino