“Chemical Vagaries” è il titolo della personale di X-Max, nome d’arte di Massimo Cavuoto, che sarà inaugurata organizzata giovedì...
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Allucinazioni, percezioni di realtà parallele, mondi paralleli, reali e immaginari popolati da figure “aliene” hanno danno vita ad una fantasiosa interpretazione della realtà quasi “disneyana” ricca di figure fantasmagoriche. Personaggi atipici, tipologie di terrestri, esseri mai visti prima, vengono riprodotti da X-Max fotograficamente e pittoricamente con disegni vettoriali. Paesaggi invisibili dove corpo e mente si incontrano nel loro transito temporale, visioni distorte dai colori alterati della natura, immagini di cellule organiche, ricordi visivi, fenomeni legati alla percezione e processi cerebrali permetteranno al visitatore di inoltrarsi in una realtà “altra” immaginata. Dal sole ai pianeti, chi e cosa ci circonda e plasma invisibile le nostre scelte, le energie invisibili, silenti, vengono trasferite nelle opere da Cavuoto per mostrare a tutti il mondo che ha attraversato la sua esistenza fino a poco tempo fa e per riuscire ad andare avanti nella creazione di opere d’arte del tutto nuove. Tra reale e onirico, concreto e fantastico, oggettivo e soggettivo come in un eterno fotogramma pittorico e fotografico di suggestioni visive, le opere entrano anche fisicamente nello spazio per rendere impossibile la distinzione tra le due dimensioni: una metafora del vivere attraverso una continua riflessione dicotomica sul suo senso. Mente e corpo, artificiale e naturale si incontrano per esplorare la relazione esistente tra arte e natura, attraverso un paziente lavoro di smembramento delle forme organiche e non ricavate dalla realtà e dalla fantasia fino a raggiungere i termini della loro rappresentazione. Attraverso la sua ricerca intende far riflettere sulle nostre radici, memorie, tracce, sentimenti ed emozioni, con tutte le implicazioni filosofiche che i temi trattati comportano. L’arte, per l’artista napoletano, è una condizione esistenziale, una ricerca della bellezza che ci sovrasta, la possibilità di stabilire un contatto diretto con le opere attraverso le quali tenta di restituirci la sensazione di una magia, un incantesimo come una sorta di viaggio introspettivo nelle vicende esistenziali della vita rese con immagini e naturalezza per analizzare ciò che c’è nel profondo del suo animo e per edificare come un “muratore dell’universo”, in maniera astratta, cieli, colline, case e oggetti, sensazioni che lo colpiscono e che gli restano nella memoria. Attraverso le opere in mostra, realizzate con diversi medium-fotografia, disegno, computer -viene analizzata la “frattura” che esiste tra realtà e immaginazione per riuscire ad indagare la vita. Una via di accesso alle strutture profonde del reale, una ricerca continua che approdando ad un’immagine del mondo è nel contempo il riverbero della propria coscienza, la sua esplicitazione sensibile resa con un’intima urgenza espressiva. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino