Il premiato tormentonificio BoomDaBash: «C’è filosofia dietro le canzoni estive»

Il premiato tormentonificio BoomDaBash: «C’è filosofia dietro le canzoni estive»
Tormentoni o tormentini? Canzoni per l’estate o dell’estate? Boiate pazzesche o ritornelli nazionalpopolari? Un breve viaggio tra i cantanti del solleone, di ieri, di...

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Tormentoni o tormentini? Canzoni per l’estate o dell’estate? Boiate pazzesche o ritornelli nazionalpopolari? Un breve viaggio tra i cantanti del solleone, di ieri, di oggi, di domani forse. Iniziando dai BoomDaBash.




Biggie Bash, all’anagrafe Angelo Rogoli da Mesagne, è il cantante dei BoomDaBash, premiato tormentonificio salentino, partito dal reggae per arrivate al motivetto canaglia, che ti attanaglia e non ti lascia più: «Non ti dico no» con Loredana Berté (2018), «Mambo salentino» con Alessandra Amoroso (2020), «Mohicani» con Baby K (2021), per non dire dell’attività del producer Ketra con il socio Takagi.
E adesso è il momento di «Tropicana», Biggie.
«Tormentone sin dal titolo, con l’ambientazione caliente che serve, oltre che nei suoni dove il reggae-pop tiene dentro anche sensazioni drum & bass e hip hop. Roba da spiaggia, piscina, mare, club, festival, masseria... A massimo volume, si intende. Un esorcismo dopo periodi così bui che non sembrano voler passare».
Ma uno che fa tormentoni i tormentoni degli altri li detesta?
«Io non critico mai gli altri artisti, i colleghi. Se una cosa non mi piace lo penso ma non lo dico, so che dietro c’è il lavoro di un’intera squadra».
Nemmeno se lo senti cento volte in una giornata?
«No, preferirei passassero i pezzi nostri, ma va bene anche così».
Lasciamo da parte Biggie: quale è stato il primo tormentone avvertito come tale da Angelo Rogoli?
«”Lemon tree” dei tedeschi Fool’s Garden. Eravamo a metà anni Novanta, credo esistesse ancora il Festivalbar, la prima volta che la ascoltai ero in un parco del mio paesino per una partitina con gli amici: una hit pazzesca».
Definisci la parola «tormentone». E distinguila dai tanti tormentini in giro.
«D’estate esce tanta roba, le radio hanno bisogno di carne fresca, i lidi pure. Così ci sono tante uscite, ma non tutte, stilisticamente, possono essere aspiranti tormentoni. Noi nella stagione calda facciamo uscire brani con quella caratteristica, lo fa il Fred De Palma di “Esasy”, ad esempio, ma non il Blanco di “Nostalgia”, che pure è una bomba, ma non ha quel mood estivo necessario al genere, non si porta dietro un immaginario da aperitivo in spiaggia, macchine cabriolet, ragazzi e ragazze che escono dal mare quasi nudi...».
Tutti figli dei Beach Boys i tormentonisti?
«Magari!».
«E maledetta l’estate/ col suono delle sirene delle cicale./ Tropicana, danza dolceamara/ ballo anche se arriva il temporale/ e mi piace»: Com’è nato «Tropicana»?
«Abbiamo iniziato a lavorarci 4-5 mesi fa. Ricordo che stavo accompagnando mia moglie a far shopping in un centro commerciale quando mi chiamò Ketra per farmi ascoltare un ritornello: lo bocciai, ma gli dissi di farmi sentire, invece, quello che stava andando in sottofondo: era una bomba, “Tropicana” poteva nascere».
E aveva bisogno di Annalisa? Avete un debole per le collaborazioni con le cantanti.
«Chiamaci scemi! Volevamo una voce sensuale, abbiamo fatto una scelta stilistica precisa, puntando su un’ugola delicata ma incisiva».
Che ci mettesse, soprattutto nel video, e poi nelle serate, magari anche il suo sex appeal, le sue celebrate gambe.
«Ci può stare».
Beh, in attesa di capire se «Tropicana» sarà davvero il tormentone dell’estate 2022, possiamo dire almeno che il reggaeton è tramontato? E possiamo aggiungere un «finalmente»?
«Tutti i mercati musicali, anche quello italiano, si basano sulle tendenze del mercato americano che influenza il mondo. Così ha fatto quando il reggaeton e i suoni latini dettavano legge, così fa adesso che ne decreta la crisi. Ma, attenzione, c’è chi arriva a un suono per solo trend e chi a quell’universo appartiene: Fred De Palma, ad esempio, continua con quei ritmi, che gli appartengono, proprio come noi resteremo per sempre reggae».
Intanto, per la colonna sonora del film Netflix «Sotto il sole di Amalfi» avete riletto «Un’estate al mare», leggendario tormentone del 1982, con Franco Battiato e Giusto Pio al servizio di Giuni Russo.
«Artisti straordinari. Abbiamo riarrangiato il pezzo con rispetto, spero si senta il tono dell’omaggio».
Ma la canzone dell’estate dei tuoi genitori?
«Faceva troppo caldo per giocare fuori e io, bambino, piangevo perché volevo uscire. Ma mamma non se ne preoccupava: alla radio c’era Venditti che cantava “Alta marea”».

Che era una cover degli australiani Crowded House, «Don’t dream it’s over»: uscì nel 1986, Antonello la fece sua nel 1991, nel videoclip debuttò Angelina Jolie. Che strane storie che hanno le canzoni dell’estate.
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Il Mattino