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Il sorriso di Insigne mentre correva ad abbracciare Osimhen dopo il gol è stato quello di chi si era appena tolto un grosso peso dal cuore e dalla testa. Perché il capitano ha fallito il secondo rigore consecutivo, calciando sul corpo di Milinkovic Savic. Sapeva che quell’errore avrebbe potuto compromettere tutto e fermare la rincorsa del Napoli al Milan, balzato in testa sabato sera, e all’ottava vittoria consecutiva. E invece no, proprio mentre Lorenzo era fuori a fare il tifo per i suoi compagni dopo essere stato sostituito da Mertens, Osimhen è riuscito a saltare ancora una volta più in alto di tutti e ha beffato il portiere del Torino.
Ottava vittoria di fila (eguagliata la striscia di Sarri del 2017) con l’ottavo gol di Victor, primo posto immediatamente recuperato dopo aver protetto con i denti e cinque difensori il prezioso bottino.
Era una scelta logica, da accettare non solo per il rispetto delle regole che vi sono all’interno di un gruppo ma perché 4-5 sostituzioni aiutano un allenatore e una squadra in un momento difficile. Non è un caso che sia stata costruita con la partecipazione di Mertens ed Elmas - subentranti - l’azione del gol di Osimhen, che si candida a lottare per il titolo di capocannoniere. Sarebbe il primo africano a vincerlo Serie A, ulteriore motivo di orgoglio per un ragazzo che ricorda in tutte le interviste la sua infanzia povera e il suo sogno di diventare una stella del calcio mondiale. Sta conoscendo la gloria a Napoli, dove è arrivato grazie all’insistenza di Gattuso e Giuntoli e allo sforzo economico operato da De Laurentiis. Osimhen può essere il fattore decisivo per lo scudetto perché cresce di partita in partita, con un’impressionante continuità di rendimento: nessuna squadra candidata al titolo ha uno forte quanto lui.
Gli azzurri non sono stati brillanti, proprio come altre squadre che hanno vissuto due settimane complicate a causa delle assenze dei nazionali. Ma sono stati lucidi, concedendo poco a un avversario bene organizzato. E nella circostanza più favorevole al Torino, la palla calciata da Brekalo, c’è stato il puntuale intervento di Ospina, una certezza a cui Spalletti non rinuncia perché il turnover in porta non è un obbligo e non deve intaccare la solidità di una squadra che ha confermato di avere non solo classe ma anche capacità di soffrire. E ha un allenatore che mostra sempre il petto per proteggere i suoi uomini, come è accaduto dopo l’errore di Insigne, quando ha sollecitato l’applauso dello stadio per il capitano avvilito. Spalletti è dalla sua parte e anche questo lo aiuterà a ritrovare la precisione dagli 11 metri.
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