Disastro Circumvesuviana: non rassegnamoci all’agonia

Disastro Circumvesuviana: non rassegnamoci all’agonia
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«Invariato il prezzo degli abbonamenti? E cosa ce ne importa, nessuno più fa l’abbonamento alla Circum. Oggi si arriva in stazione, ci si accerta che la corsa effettivamente ci sarà, e solo poi si compra il biglietto». Le parole di Enzo Ciniglio, esponente di un affollatissimo comitato pendolari, raccontano bene cos’è diventata la ferrovia che abbraccia il Vesuvio, che ha determinato con le sue centinaia di stazioni via via aperte sul territorio lo sviluppo di paesi e città, che ha segnato storie di decine di migliaia di studenti e lavoratori, milioni di viaggi di andata e ritorno, lungo un circuito metropolitano che per decenni ha tenuto insieme e mescolato e reso reciprocamente riconoscibili il centro e le periferie.



Ci si poteva regolare l’orologio, con i treni della Circum, e non lo diciamo per vuota nostalgia ma per spiegare l’enormità della voragine in cui questi stessi convogli sono stati inghiottiti. Per ragioni diverse, per responsabilità diverse, tutto sommato non ancora abbastanza indagate: troppo spesso alle recriminazioni dei passeggeri, alle lamentele dei sindaci, alle polemiche (di frequente certo pretestuose, però non sempre) sollevate dai sindacati interni si è risposto con un’alzata di spalle, sciorinando numeri e progetti di là da venire, rivendicando bilanci in ordine laddove erano stati ereditati buchi, promettendo svolte senza data di scadenza, legate a nuove assunzioni e nuovi acquisti di materiale rotabile i cui effetti continuano a rimanere impalpabili. Si è scelto di esporre la tabella “non disturbate il conducente”, ma quella tabella, con il tempo, ha cominciato a vacillare.

È evidente che le cose non vanno, in Circum, ed è evidente tutti i santi giorni: non può essere considerato normale un esercizio che quotidianamente conosce battute d’arresto, non è normale una media di un guasto ogni 24 ore, specie se il guasto avviene a bordo di treni “revampizzati”, ammodernati cioè, resi ufficialmente seminuovi. Non è più accettabile l’affanno, in un’azienda che si è ridotta ad assicurare l’attività di una soltanto delle sue linee, quella a maggiore impatto turistico, salvo infilare con i turisti una brutta figura dietro l’altra: un incidente può capitare, ma un così basso livello della qualità del servizio parla malissimo di noi napoletani agli stranieri, o anche agli altri nostri connazionali, che torneranno a casa convinti che siamo gente che si adatta a viaggiare dentro treni vecchi, sporchi e affollati all’inverosimile. Non è così, e lo dimostra la disaffezione crescente verso un servizio giudicato inaffidabile, frequentato da meno di 90mila persone al giorno contro le quasi 200mila dell’era pre-Covid, per non dire delle oltre 300mila degli anni Ottanta. Certe abitudini, ovvio, non torneranno più, lo smart working ha ridotto gli spostamenti, sono sparite le industrie che spingevano centinaia di migliaia di operai sui treni dell’alba.

Ma di converso è cresciuta enormemente (e deve crescere sempre di più) la consapevolezza della necessità di trasporti sostenibili: non è vero che con il Covid il trasporto pubblico è morto, altrimenti quei pochi treni Circum che ancora circolano non sarebbero così affollati. A morire, piuttosto, è - deve essere - la rassegnazione, la disponibilità a muoversi su catorci igienicamente borderline, e la sopportazione rispetto a un servizio che non vale le tasse che paghiamo, come dice ancora il signor Ciniglio annunciando per settembre una manifestazione di protesta del suo comitato. Settembre. Quando i turisti se ne andranno via, di nuovo ai loro treni puntuali e confortevoli, e sulle banchine resteranno loro, i pendolari sulle vie del Vesuvio, con il cartellino da timbrare, il suono della campanella da rispettare, l’appuntamento da non bucare. E tra le mani un biglietto che - incongruamente - costa un po’ di più. O un abbonamento invariato di prezzo, che finalmente valga la pena comprare. Dipende dal conducente. Che, gli piaccia o no, perché ci dia risposte, perché ci dia soluzioni continueremo tutti insieme a disturbare.

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Il Mattino