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Gli sconti Irpef del 2022 sono già sfumati per metà, se non del tutto, in Campania e in particolare a Napoli. Per effetto del rincaro delle addizionali locali, infatti, sparirà larga parte dei benefici della riforma fiscale, nonostante il passaggio da cinque a quattro aliquote e la riduzione di 2-3 punti della pressione fiscale. Effetto della manovra della Regione Campania (da ritoccare entro il 31 marzo) e dell’Accordo per il ripiano del disavanzo del Comune di Napoli (da sottoscrivere entro il 15 febbraio). E, anche se i dettagli non sono ancora noti, la direzione è chiara e il quadro peggiorerà nel 2023, come si vedrà.
Per seguire i temi fiscali è utile qualche esempio concreto, con l’avvertenza che chi di imposte ne paga poche o per niente (perché ha redditi modesti e quindi è giusto che non versi niente, oppure perché li nasconde al fisco e quindi è un mascalzone) non va incontro a novità. Una variazione di rilievo si inizia a vedere intorno ai 25mila euro lordi di imponibile Irpef. Fino al 2021, con il sistema a cinque aliquote, su quella fascia di reddito se ne applicano due: il 23% sui primi 15mila euro e il 27% sui 10mila successivi. In totale fa 6.150 euro da versare al fisco nazionale (al lordo di eventuali sgravi legati al tipo di reddito, alla composizione familiare e così via). A tale somma già considerevole nel 2021 si aggiungeva un’addizionale di 2,03% fissa della Regione Campania e dello 0,8% anch’essa fissa del Comune di Napoli. In totale altri 708 euro di imposta. Nel 2022 a livello nazionale si passa da cinque a quattro aliquote. La prima resta ferma al 23% mentre la seconda (che si applica sulla fascia 15-28mila euro) scende di due punti dal 27% al 25%. Oltre i 28mila si passa dal 38% al 35% ma solo fino a 50mila euro e non più 55mila. Sopra i 50mila si va subito al massimo del 43%. Ma cosa accade alle addizionali locali?
La Regione Campania ha deciso di uscire dallo schema dell’addizionale fissa al 2,03% e di passare a un sistema di cinque aliquote di cui la prima è più bassa di quella attuale (1,73%) mentre le altre sono più alte e simili tra loro e cioè 2,96%; 3,20%; 3,30%; 3,33%.
E nel 2023 è in arrivo un’altra riforma che penalizzerà il ceto medio. Sparirà il meccanismo delle addizionali e scatterà una sorta di sovrimposta che tra Comune e Regione sarà poco inferiore al 12% dell’Irpef nazionale dovuta. Per chi ha redditi bassi ci sarà un minimo risparmio rispetto al sistema del 2021 mentre per i redditi oltre i 20-25mila euro si verserà di più, anche una volta e mezza quanto versato nel 2021.
Le addizionali locali sono molto differenziate sul territorio italiano e sono sotto la media in Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta e Veneto. Ma il vero e proprio paradiso fiscale è in Alto Adige, dove per larga parte dei contribuenti le addizionali non sono dovute per nulla. Il caso più clamoroso infatti è quello della Provincia autonoma di Bolzano: l’addizionale equivalente regionale è zero fino a 35mila euro, per poi “salire” all’1,23% fino a 75mila e a 1,73% oltre. Mentre il Comune capoluogo ha un’addizionale Irpef zero da sempre anche per i milionari. Questo vuol dire che, a parità di 35mila euro di reddito, un contribuente residente a Bolzano nel 2021 risparmiava già 991 euro di Irpef rispetto a una persona di identica retribuzione imponibile residente a Napoli, con il guadagno che salirà a oltre 1.200 euro quest’anno. Ed è meglio fermarsi nel confronto, senza sfiorare il tema del livello di servizi offerti.
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