La mossa di Renzi: ecco il patto riforme in cambio di meno tasse

La mossa di Renzi: ecco il patto riforme in cambio di meno tasse
Diodato PironeROMA. Riforme in cambio di un taglio delle tasse. Ecco i termini dello scambio, o meglio del patto politico, che Matteo Renzi intende stringere con gli italiani. I...

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Diodato Pirone
ROMA. Riforme in cambio di un taglio delle tasse. Ecco i termini dello scambio, o meglio del patto politico, che Matteo Renzi intende stringere con gli italiani. I critici diranno che si tratta di una riedizione rivista e rimpolpata - e per la verità con clausole meno vaghe - del «Contratto con gli italiani» di berlusconiana memoria. La mossa vale una cinquantina di miliardi ed è scaglionata su tre anni, con scadenze a ridosso delle elezioni comunali del 2016 e del 2018 che, a ben vedere, danno qualche credibilità all'operazione che se non portata al traguardo provocherebbe l'implosione del Pd renziano.

Agli strali e ai mugugni delle opposizioni, ai critici e agli scettici Renzi riserva poco più di un'alzata di spalle e, ignorandone anche le ironie («lui non è evoluzione del berlusconismo, lui è proprio Berlusconi», dice Civati), rilancia.
«Quello lanciato da Expo - spiega Renzi in una intervista al Tg2 - è un patto che propongo agli italiani: riforme in cambio del taglio delle tasse. Se le riforme vanno avanti - infatti - saremo in condizione di abbassare di 50 miliardi in 5 anni le tasse agli italiani. Lo abbiamo sempre detto e finalmente dopo tanti anni di immobilismo si può. Abbiamo iniziato con gli 80 euro e l'Irap. Se le riforme andranno avanti e credo che lo faranno, nel 2016 via tutte le tasse sulla prima casa, nel 2017 via una buona parte dell'Ires sulle imprese, nel 2018 scaglioni Irpef a favore soprattutto ma non solo di lavoratori dipendenti e pensionati».
È un messaggio forte, quello di Renzi. Culturalmente ben confezionato. Scolpito nella separazione fra sé e la vecchia politica. E con venature di demagogia e di nazionalismo che lanciano altrettanti ami all'Italia profonda.
E il premier, si sa, dà il meglio di sé nello storytelling. «Per anni - fa osservare - i politici hanno detto ”vi tassiamo, vi tassiamo, vi tassiamo”. Noi invece, da quando siamo al governo, abbiamo iniziato a restituire soldi che sono degli italiani». Ma il vero ariete del messaggio è la forte iniezione di fiducia: «Voglio un'Italia - sottolinea Renzi - che smette di essere un paese di piagnistei e lamentele e torna a essere locomotiva d'Europa».
Un nuovo affondo che le opposizioni mal digeriscono. E se per Fi siamo davanti ad un nuovo attacco di «annuncite», la fronda Dem non è da meno. Miguel Gotor, fra i principali collaboratori di Pier Luigi Bersani, definisce la promessa renziana una «proposta demagogica che costituisce una cattiva quanto tardiva imitazione di Berlusconi».
Ma le critiche al premier si concentrano soprattutto sulle coperture. Dove si troveranno i 50 miliardi? Renzi assicura: «Ci lavoriamo da sei mesi». «Possiamo farcela senza aumentare il debito - scandisce - a condizione che il Parlamento continui a lavorare con intensità».

Già, ma come? La novità di ieri è questa: iniziando a chiudere carrozzoni pubblici. Fonti di governo assicurano che già a settembre ne salteranno una trentina. Agli altri ci penserà la Finanziaria. Un modo per rilanciare la spending review in programma da anni. In attesa di verificare il passaggio dalle parole ai fatti, non resta che riportare l'ultimo passaggio di Renzi dedicato all'Ue: «Con Bruxelles dobbiamo essere decisi per ottenere flessibilità - dice Renzi - Ma poi non possiamo sprecare energie non spendendo i fondi europei oppure bloccando aziende con interventi della magistratura».
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Il Mattino