Dopo la tempesta di venerdì scorso, che ha tenuto un po’ tutti tappati in casa, in una città normale il week-end del sole ritrovato lo si immagina scandito da...
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A “evitare” i pericoli aveva provveduto l’impalcatura che l’altra notte si è incrinata, poi rimessa in opera in gran fretta. Il Comune si è anche affrettato a chiarire che la colpa è di un ventenne che ha danneggiato con la propria vettura uno dei piloni che reggono il “castello” realizzato a protezione, una giustificazione disarmante: basta allora l’imperizia di un automobilista per mandare all’aria una struttura che dovrebbe garantire sicurezza assoluta a chi passa sotto? E allora dobbiamo ritenerci fortunati se durante la violenta tempesta di venerdì sera non è venuto giù qualche tubo? La stessa buona sorte che ha evitato che ci scappasse il morto tra pini abbattutisi sulle auto e intere zone della città trasformate in teatro di guerra, come a Posillipo dove alle centinaia di tronchi mozzati per la mancata manutenzione, in questi giorni si aggiungono le transenne che limitano la libertà di ognuno.
Ritardi colposi e scollamento degli apparati amministrativi, come quello che ha impedito ai tanti napoletani che si erano recati nel centro storico di vivere la notte bianca: palco pronto, luci accese ma all’ultimo momento si è scoperto che mancavano i permessi per tenere il concerto, nonostante in piazza ci fossero, oltre a migliaia di cittadini, anche diversi esponenti dell’amministrazione comunale. L’immagine plastica di una città non più governata, in cui gli assessori non sanno quello che fanno i vigili, al pari del sindaco che non sa cosa avviene nelle società partecipate tanto da confessarlo con un certo, imbarazzante candore.
Sembra di essere di fronte a un’implosione e lo stesso boom del turismo che dovunque avrebbe rappresentato una ricchezza, qui comincia a trasformarsi in un disvalore. Il ritrovato rapporto virtuoso tra il resto d’Italia e Napoli non può continuare a essere lasciato al caso, consentendo la nascita di strutture ricettive abusive mentre il centro della città diventa sempre più un enorme fast-food a cielo aperto che oggi nessuno riesce più a gestire e soprattutto a pulire.
Vietato circolare, pericoloso camminare, impossibile passeggiare in un parco (il Virgiliano è chiuso da tempo), difficile vivere. A Palazzo San Giacomo le parole controllo, manutenzione e soprattutto programmazione restano sconosciute. Si va avanti alla giornata tra antiche e nuove calamità mentre le intelligenze della città, quelle a cui la storia assegna il compito di suonare la sveglia nei momenti bui, appaiono incapaci di dotarsi fosse solo di un metodo per tornare a dialogare tra loro e provare a gettare le basi di una riscossa civica che contrasti l’implosione urbana.
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Il Mattino