Manutenzione e controllo le parole che De Magistris ignora

di Pietro Perone
Domenica 15 Dicembre 2019, 23:00
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Dopo la tempesta di venerdì scorso, che ha tenuto un po’ tutti tappati in casa, in una città normale il week-end del sole ritrovato lo si immagina scandito da shopping, passeggiate, la partecipazione a qualche evento pre natalizio. Dovunque, non a Napoli dove ormai si vive in gabbia, tra strade chiuse, alberi pericolanti, cartelloni pubblicitari che volano e ieri anche la chiusura per 14 ore della galleria Vittoria a causa del crollo di un’impalcatura che da molti anni è una delle vergogne della città. Per l’intera mattinata, e parte del pomeriggio, siamo tornati a prima del 1929, quando il tunnel fu inaugurato per decongestionare il traffico del centro che nelle cronache dell’epoca veniva descritto come una delle gravi emergenze napoletane. Indietro di un secolo per lavori mai fatti, nonostante il finanziamento di un milione e seicentomila euro dell’Unione europea per “eliminare lo stato di pericolo determinato dal possibile distacco di materiali da entrambi i fronti della galleria Vittoria e dall’adiacente muro di sostegno di via Cesario Console”, è scritto sul dossier di Bruxelles datato gennaio 2018. Importo finanziato un milione e seicentomila euro, importo speso: zero. Fine dei lavori: giugno 2021. Un anno, quindi, è trascorso invano.

A “evitare” i pericoli aveva provveduto l’impalcatura che l’altra notte si è incrinata, poi rimessa in opera in gran fretta. Il Comune si è anche affrettato a chiarire che la colpa è di un ventenne che ha danneggiato con la propria vettura uno dei piloni che reggono il “castello” realizzato a protezione, una giustificazione disarmante: basta allora l’imperizia di un automobilista per mandare all’aria una struttura che dovrebbe garantire sicurezza assoluta a chi passa sotto? E allora dobbiamo ritenerci fortunati se durante la violenta tempesta di venerdì sera non è venuto giù qualche tubo? La stessa buona sorte che ha evitato che ci scappasse il morto tra pini abbattutisi sulle auto e intere zone della città trasformate in teatro di guerra, come a Posillipo dove alle centinaia di tronchi mozzati per la mancata manutenzione, in questi giorni si aggiungono le transenne che limitano la libertà di ognuno.

Ritardi colposi e scollamento degli apparati amministrativi, come quello che ha impedito ai tanti napoletani che si erano recati nel centro storico di vivere la notte bianca: palco pronto, luci accese ma all’ultimo momento si è scoperto che mancavano i permessi per tenere il concerto, nonostante in piazza ci fossero, oltre a migliaia di cittadini, anche diversi esponenti dell’amministrazione comunale. L’immagine plastica di una città non più governata, in cui gli assessori non sanno quello che fanno i vigili, al pari del sindaco che non sa cosa avviene nelle società partecipate tanto da confessarlo con un certo, imbarazzante candore.

Sembra di essere di fronte a un’implosione e lo stesso boom del turismo che dovunque avrebbe rappresentato una ricchezza, qui comincia a trasformarsi in un disvalore. Il ritrovato rapporto virtuoso tra il resto d’Italia e Napoli non può continuare a essere lasciato al caso, consentendo la nascita di strutture ricettive abusive mentre il centro della città diventa sempre più un enorme fast-food a cielo aperto che oggi nessuno riesce più a gestire e soprattutto a pulire.

Vietato circolare, pericoloso camminare, impossibile passeggiare in un parco (il Virgiliano è chiuso da tempo), difficile vivere. A Palazzo San Giacomo le parole controllo, manutenzione e soprattutto programmazione restano sconosciute. Si va avanti alla giornata tra antiche e nuove calamità mentre le intelligenze della città, quelle a cui la storia assegna il compito di suonare la sveglia nei momenti bui, appaiono incapaci di dotarsi fosse solo di un metodo per tornare a dialogare tra loro e provare a gettare le basi di una riscossa civica che contrasti l’implosione urbana.
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