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Quattro partite, 360 minuti più recupero, e già sogniamo scudetto, coppe e gloria sempiterna. Quattro partite, tre vittorie e un pareggio bugiardo, e già i cuori azzurri hanno ripreso a battere, mollando al suo destino il freezer della diffidenza e della delusione, abbandonando, senza rimpianto alcuno, dispetti, distinguo e rancori: quattro partite, tre clamorose rimonte ed eccoci qui, pronti a innamorarci di nuovo, come al solito perdutamente, come al solito incondizionatamente.
Poveri nostri cuori azzurri, incapaci di mezze misure, incapaci di un minimo di saggia prudenza: ma in fondo dai, che ce ne facciamo della prudenza se tutto si è messo a girare per il verso giusto, se ogni partita cominciata male poi la recuperiamo nel finale, se neanche del buco sulla fascia sinistra ci dobbiamo più preoccupare, perché al posto del terzino è sbucata la cazzimma. Siamo una squadra fortissima, come cantava qualcuno un po’ di tempo fa: siamo fortissimi, davvero, e non lo sapevamo, o meglio ci speravamo, ne avevamo qualche segnale, ma le prestazioni in campo e soprattutto i risultati incassati finora sono come moneta sonante, punti preziosi e pesanti, come non ci capitava da tempo. Siamo fortissimi anche se non lo diamo a vedere, diciamo la verità: quanto abbiamo sofferto giovedì sera, sofferto da pazzi per settanta interminabili minuti, davanti a quel televisore che ci rimandava l’immagine di una squadra in rosso che dominava e si accaniva e non segnava, settanta minuti a pensare che sarebbe stato meglio rimanere nel freezer e dedicarsi ad altro, altro che Europa, altro che sogni, solo i soliti gol presi da polli e la solita vana gara tutta in salita e senza vie d’uscita.
Meno male che i cuori azzurri oltre che sognatori sono sani e forti, meno male che le coronarie ci assistono.
Poi però vediamo quelli che ci stanno intorno, l’Inter beffata giusto sul finale dal Real Madrid, la Lazio che rimedia una figuraccia stellare in Turchia, la Juventus che fa un punto in tre giornate. E ci rendiamo conto di quanto sbaglieremmo a lamentarci. Perchè non importa il modo, importa che stiamo riuscendo, finalmente, a prenderci quello che ci meritiamo. Che ci stiano un po’ gli altri, nei panni stretti di chi per sfortuna o per propri limiti affanna, come troppe volte è capitato a noi. Nei panni di chi insegue, di chi spera senza crederci troppo, di chi sa che quasi mai nella vita succede che Davide batte Golia. Forse noi non siamo ancora Golia, ma di certo non siamo più Davide. Perciò abbiamo spento i freezer, perciò abbiamo cuori già caldi. E non daremo retta a chi dice che è troppo presto per cominciare a sognare. Non è mai troppo presto per sognare, e anzi è fantastico poterlo fare avendo davanti a sè tutta la stagione. Noi, le nostre rimonte, e la sottile piacevole ebbrezza di sapere che non è mai finita finché non è finita.
Il Mattino