Napoli, psicosi ai Camaldoli per i furti nelle ville: «Ci difendiamo con i fucili»

In due mesi 25 furti: armi vicino alle porte e ronde notturne

Ladri mentre entrano in un'abitazione ai Camaldoli
«Non ne possiamo più, viviamo nel terrore. Chi ha fucili da caccia li tiene vicino alla porta pronto a difendersi», il racconto mette i brividi e pretende una...

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«Non ne possiamo più, viviamo nel terrore. Chi ha fucili da caccia li tiene vicino alla porta pronto a difendersi», il racconto mette i brividi e pretende una replica immediata: no, non scherziamo, i fucili non vanno nemmeno sfiorati. La risposta è disperata: «In casa ci sono le nostre mogli e i nostri figli, li difenderemo a qualunque costo».


Camaldoli, fettina di collina compresa fra via Agnolella, via Sant’Ignazio di Loyola, via Camaldolilli: dalla metà di novembre al dieci di gennaio sono stati portati a segno 25 furti nelle case isolate, sparse nelle ultime campagne della metropoli. Le immagini della videosorveglianza (che quasi tutti utilizzano), mostrano sempre lo stesso gruppetto di persone che agisce con metodo e rapidità. In dieci minuti riescono ad entrare, prendere le cose più preziose e svanire nel nulla.

Li chiamano così, «la banda del flex», perché utilizzano uno di questi apparecchi per segare come burro inferriate e porte blindate. Non è il classico flex da cantiere, di quelli che spaccano i timpani per il frastuono: usano quelli a batteria ricaricabile, con lame sottili, così il rumore quasi non si sente ma l’effetto è esattamente lo stesso.
Le persone del territorio si sono confrontate e hanno compreso con precisione il metodo della banda. Evidentemente restano in osservazione per qualche giorno perché entrano in azione quando sanno con certezza che le case sono vuote. Niente assalti notturni, agiscono nel pomeriggio, al massimo in prima serata, tra le 16 e le 21, proprio per non insospettire il vicinato: durante il pomeriggio i rumori della città coprono quelli del furto, così possono operare senza l’assillo dell’assoluto silenzio.
Si muovono senza coprirsi il volto, talvolta indossano mascherine, di quelle con le quali abbiamo imparato a convivere per colpa della pandemia. Sono agili, scavalcano senza problemi i cancelli, e fuggono via con altrettanta rapidità.

Solo una volta il loro metodo ha fallito. Qualche giorno prima di Natale hanno cercato di entrare in una casa dalla quale la proprietaria non era uscita: «Ho sentito il rumore di un vetro che si spaccava - racconta Laura ancora oggi terrorizzata - sono andata di corsa nella stanza e ho visto fuori del balcone una persona che cercava di entrare. Ho iniziato a gridare con tutta la voce che avevo in corpo, per la paura mi sono fatta la pipì addosso, non mi vergogno a raccontarlo. Le mie urla hanno attirato i vicini che sono subito arrivati, così quell’uomo è scappato. Per una settimana ho dormito in poltrona con le scarpe ai piedi, pronta a fuggire. Solo adesso il terrore mi sta abbandonando».
Quando Laura è andata a denunciare l’accaduto, la vicenda ha subìto una svolta: in questo caso l’assalto è una «tentata rapina», non più un semplice tentativo di furto, questo evento permette di alzare ancora di più l’asticella dei controlli.

In realtà un rafforzamento dei controlli è stato chiesto già da un mesetto, e i residenti, riuniti in un comitato sostenuto da Antonio Varriale, confermano «vediamo tante più auto di polizia e carabinieri. Però questo territorio è difficile da tutelare: ci sono camminamenti rurali che non possono essere controllati con frequenza».
Ecco, dunque, che è nata l’idea di tutelarsi in autonomia: «In maniera spontanea le persone che abitano vicine tra loro si sono organizzate per tenere sotto controllo i rispettivi giardini. C’è una sorta di cambio della guardia per ottenere una vigilanza costante, soprattutto quando scende la sera. Non chiamatele ronde, però, perché non hanno nulla a che vedere con quelle», spiega proprio Varriale.


Per la prossima settimana hanno organizzato una fiaccolata che partirà dei Camaldoli e si snoderà per tante strade dell’Arenella e del Vomero: «Non vogliamo dare fastidio, ma occorre che qualcuno si renda conto di noi e della nostra paura. Non possiamo vivere con il timore costante di trovarci faccia a faccia con i delinquenti dentro le nostre case».
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Il Mattino