La corsa al voto per tirare a campare

La corsa al voto per tirare a campare
Le leggi elettorali in Italia sono state fatte sempre contro qualcuno o comunque con la maggioranza che ha sempre pensato a se stessa. È successo prima del fascismo (i...

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Le leggi elettorali in Italia sono state fatte sempre contro qualcuno o comunque con la maggioranza che ha sempre pensato a se stessa. È successo prima del fascismo (i liberali erano forti nei collegi uninominali, i popolari e i socialisti volevano il proporzionale). È successo dopo. Adesso si parla di una nuova legge elettorale perché 5 Stelle e Pd vogliono neutralizzare due pericoli. Uno maggiore (Salvini), uno minore (Renzi). Con la memorabile capriola di agosto, il Matteo di Rignano ha fatto cadere un governo al quale si era sempre opposto perché non era pronto alla scissione. 


All’inizio, per ingabbiare Renzi, il Pd aveva pensato a una legge maggioritaria che lo costringesse a bussare alla loro porta per apparentarsi. Visto che la forza renziana non riesce a schiodarsi dal 5 per cento, al Nazareno hanno ripiegato sul proporzionale – da sempre graditissimo ai 5 Stelle – perché è il mezzo migliore per non consegnare il Paese all’Uomo Nero, che sarebbe il Matteo di Milano. 

Ecco dunque l’ipotesi di un proporzionale “spagnolo” che favorirebbe i partiti maggiori. In genere, le leggi elettorali si sono ritorte contro i proponenti. Vedremo come andrà stavolta. Quando lo vedremo? Se entro gennaio saranno raccolte le firme per un referendum confermativo, la legge che riduce i parlamentari da 945 a 600 entrerebbe in vigore in estate. Ci sarebbe perciò tutto il tempo per votare con il vecchio sistema. Che fa gola anche a chi lo nega: a chi vince, perché vince di più; a chi perde, perché perde di meno. È vero che il referendum autunnale (a esito scontato) delegittimerebbe il Parlamento appena eletto, ma come diceva Andreotti tirare a campare è meglio che tirare le cuoia.

Perciò anche partiti che sarebbero fortemente ridimensionati dal voto, come i 5 Stelle e Forza Italia, sono interessati al voto. Meglio per i grillini prendere oggi un 15 per cento (o un 6/7 per il Cavaliere) che una quota più drammatica domani. Si aggiunga che il proporzionale lascia tutti più liberi di marcare la propria identità, non vincolando nessuno ad alleanze che – smentite prima del voto – potrebbero tornare utili dopo. 


Noi siamo allergici alle dietrologie, come quelle che vedono un Di Maio o un Renzi trattare alleanze con Salvini. Ma il Pd non ne può più dell’alleanza nata appena tre mesi fa, Renzi sembra “rassegnato” a votare. E Di Maio viene accusato da molti suoi compagni di pensarla allo stesso modo. Per Salvini (e per la Meloni) le elezioni sarebbero un invito a nozze. Ieri nel suo rapporto annuale il Censis ha rivelato che il 48 per cento degli italiani vuole «l’uomo forte». Nessuno pensa alla Buonanima, ma di un governo che governi sul serio – di qualunque colore sia – il Paese ha un disperato bisogno. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino