Lo hanno trascinato già morto in un campo della frazione Marane, in località Santa Lucia (Sulmona), e lo hanno adagiato su una pietra per poi colpirlo più e...
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Qualunque sia stata l’origine e la causa, però, il gesto è raccapricciante: una sfida consumata a poche centinaia di metri dalla sede del Parco nazionale della Majella ai danni di una specie che con tante difficoltà è stata reinserita nell’habitat della zona e che è a tutti gli effetti specie protetta. Gli inquirenti hanno aperto ora un’inchiesta per il reato di bracconaggio e si indaga contro ignoti, ma per le modalità di esecuzione sembra evidente che si tratti di qualcuno che ha voluto mostrare il suo odio contro questi animali selvatici e probabilmente l’esasperazione per i sacrifici e il lavoro vanificato nei campi. La carcassa dell’animale è stata sepolta ieri stesso: l’assenza della testa (che non è stata ritrovata nelle vicinanze) dalla quale si possono analizzare eventuali malattie e lo svuotamento delle interiora da parte di animali selvatici nel corso della notte scorsa, hanno reso infatti del tutto inutile un’esame autoptico. Che sia stato preso al laccio, o braccato in una gabbia o ancora impallinato (anche se non erano presenti fori e segni di arma da fuoco), d’altronde, poco importa: quel capriolo non è certo morto per cause naturali e soprattutto la sua esecuzione, ostentata e volutamente esposta al centro di un campo di mais nei pressi dell’abitato di Sulmona, avrebbe dovuto servire da monito e “lezione”. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino