Contrariamente a ciò che si può pensare, la guerra attualmente in corso nei vicoli di Napoli e nel suo hinterland tra le bande di camorra (iniziata nel 2015) non ha...
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La prima. Mentre la criminalità nelle grandi aree urbane europee è essenzialmente un problema degli emarginati delle banlieue e dei sobborghi, a Napoli invece è contemporaneamente un problema del centro storico, dei quartieri periferici e dell’hinterland. Nessuna grande città al mondo può permettersi tre enclave criminali.
La seconda. Accanto alla criminalità organizzata di tipo camorristico, c’è una criminalità diffusa particolarmente radicata nei quartieri. La compresenza di una forte criminalità organizzata e di una altrettanto estesa criminalità diffusa fa di Napoli una realtà che non ha paragoni né in Italia né in Europa. Infatti uno dei punti di forza della criminalità organizzata di tipo mafioso viene rappresentato dal fatto che nei suoi territori si riduce il peso della criminalità predatoria di strada. A Napoli no.
Vi è, di conseguenza, un continuo passaggio di giovani delinquenti comuni ai gruppi camorristici, con una fluidità che non prevede barriere di accesso all’élite criminale. Questo modello lo possiamo definire “camorra-fluida”, modello caratterizzato dal rapido avvicendamento dei capi e dunque continuamente acefalo.
Questo modello criminale crea un potere meno strutturato, meno stabile e radicato, esposto perciò permanentemente agli assalti dei “nuovi”, che si presentano sul mercato delinquenziale smaniosi di scalare velocemente le gerarchie. In questo senso la camorra è più “aperta”, più “democratica”, con una carriera criminale più veloce, un turn-over ai vertici più rapido e meno bloccato. Le gerarchie sono più precarie e saltano velocemente. E l’attuale situazione di giovanissimi ai vertici dei clan lo sta a dimostrare.
Insomma, il problema della camorra a Napoli tutto è tranne che un semplice problema criminale.
*Componente Comitato Scientifico Fondazione Polis
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Il Mattino