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Ora che arriva l’estate e che il turismo sta per ripartire, per le Regioni le zone arancioni e rosse sono una sorta di incubo. Un Belzebù da esorcizzare per quanto possibile. Non a caso questa mattina, durante il vertice organizzato dalla ministra Mariastella Gelmini, i governatori regionali sono andati all’attacco. Con una sola richiesta, irrinunciabile: «Vanno assolutamente evitati declassamenti repentini in vista dell’estate».
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Il nodo del turismo - Questo perché, se una Regione passasse nelle prossime settimane dal giallo all’arancione o dall’arancione al rosso, si restringerebbero enormemente i margini per far ripartire la stagione turistica. Ad esempio con l’arancione i bar e i ristoranti sarebbero di nuovo chiusi, come sbarrati sarebbero gli stabilimenti balneari, i parchi tematici, i cinema, i musei, le arene, i teatri. Non solo, in arancione, non sarebbe possibile per i turisti neppure frequentare i centri termali o i parchi di divertimento. E, come se non bastasse, diventerebbe necessario per chiunque varcasse i confini regionali - provenendo da una Regione “gialla” - disporre del “green pass” (certificato di avvenuta vaccinazione o guarigione o tampone negativo effettuato nelle ultime 48 ore).
Il nodo del declassamento - Per scongiurare il declassamento a ridosso, e durante, la stagione estiva i governatori puntano a rivedere i parametri. Non solo, vorrebbero addirittura archiviare il sistema per fasce (bianco, giallo, arancione e rosso), passando a fasce di rischio: alto, moderato e basso. Il principale bersaglio è l’indice Rt. Dice Luca Zaia, governatore del Veneto: «Siamo compatti e preoccupati. Se non si fa nulla, il rischio è che questi parametri ci facciano “saltare” da un colore all’altro. Basta un focolaio mal gestito e questo fa schizzare l’Rt».
In alternativa agli attuali parametri le Regioni propongono di utilizzare l’Rt ospedaliero, rendendolo però più stringente: oggi le soglie di criticità sono fissate al 40% di occupazione delle aree mediche e al 30% di occupazione delle terapie intensive. La proposta è di portare la soglia critica al 20% per le terapie intensive e al 30% delle aree mediche. Un azzardo? No. Grazie alla campagna vaccinale che ha ormai coperto la quasi totalità degli ultra ottantenni e gran parte degli over settanta, gli ospedali e le terapie intensive si stanno decongestionando. In più i governatori chiedono di modificare gli indici di incidenza settimanale: attualmente è di 250 positivi ogni 100mila abitanti.
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La linea del governo - E il governo non chiude affatto la porta. Anzi. La prova sono le parole del ministro della Salute, Roberto Speranza, alfiere della linea della "massima prudenza": «Il modello adottato in questi mesi ha funzionato e ci ha consentito di affrontare la seconda e terza ondata senza un lockdown generalizzato, ma con specifiche misure territoriali. Ora, nella nuova fase, caratterizzata dal forte avanzamento della campagna di vaccinazione e dai miglioramenti dovuto alle misure adottate, lavoriamo con l'Iss e con le Regioni per adeguare il modello immaginando una maggiore centralità di indicatori quali l'incidenza e il sovraccarico dei servizi ospedalieri».
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