«Non chiedetemi perché sono stato rilasciato, non ho idea neanche di questo». A sole 24 ore dal ritorno in Italia il giornalista e videomaker Gabriele del...
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Di certo «non ero intenzionato ad andare in Siria e non sono stato fermato al confine o nei pressi del confine». Nel corso della detenzione, avvenuta in un centro «migliore dei tanti che mi è capitato di visitare in Italia», Del Grande ha raccontato di essersi «sempre rifiutato di rispondere alle domande sul mio lavoro che arrivavano da Ankara».
Nonostante questo «ho avuto un trattamento dignitoso, fermo restando che sono stato privato della libertà e mi è stata negata ogni comunicazione con l'esterno, sempre per ordini di Ankara».
«Voglio esprimere il mio ringraziamento a tutti quelli che si sono mobilitati per me, che mi hanno dato forza in quei giorni. Ero in isolamento ma sapere che fuori c'era chi, a livello istituzionale e anche in piazza spingeva per la mia liberazione mi dava forza». Così Gabriele Del Grande incontrando i giornalisti della stampa estera a Roma. «Faccio appello (alla Turchia, ndr) perché liberi tutti i giornalisti - ha aggiunto - Non è accettabile essere incriminati per il lavoro che si svolge». Il pubblico «deve sapere» cosa succede nel mondo. Sempre a proposito della sua vicenda: «Siamo stati fermati a Rihanli, lungo il confine tra Turchia e Siria - ha poi raccontato - in uno dei ristoranti più buoni della città. Si sono presentati otto agenti in borghese che ci hanno mostrato un distintivo, e poi portato in commissariato. Non avevo alcuna intenzione di andare in Siria, il mio lavoro in Turchia era di ricerca, per scrivere un libro», ha sottolineato. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino