Ascoli, vendeva pacchetti di tv pirata: denunciato un imprenditore

Ascoli, vendeva pacchetti di tv pirata: denunciato un imprenditore
Un imprenditore di Ascoli Piceno per mezzo di un sistema illecito, tramite «Iptv» (trasmissione di segnali televisivi su reti informatiche), consentiva di vedere le...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Un imprenditore di Ascoli Piceno per mezzo di un sistema illecito, tramite «Iptv» (trasmissione di segnali televisivi su reti informatiche), consentiva di vedere le programmazioni di Sky, Mediaset Premium, Netflix e Dazn senza sottoscrivere abbonamenti ufficiali. È stato scoperto e denunciato nell'ambito di un'operazione anti-pirateria audiovisiva digitale, dalla Guardia di Finanza di Ascoli Piceno che ha anche eseguito perquisizioni personali e locali, sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria, sequestrando materiale informatico.

Parallelamente all'esercizio di un'attività legale di commercio al dettaglio di computer, software e attrezzature d'ufficio, l'interessato era attivo su un sito internet, come «reseller» di servizi pirata per vendere illegalmente elementi di decodifica che consentivano l'accesso a un servizio criptato; servizio che, diversamente, si sarebbe potuto ottenere solo acquistando un regolare abbonamento.

 

Serie tv e partite in streaming gratis: stop a un milione e mezzo di abbonamenti illegali

 

L'indagine della Guardia di Finanza

Gli utenti finali, hanno ricostruito gli investigatori, pagavano il corrispettivo pattuito con ricariche su carte Postepay riconducibili all'indagato, elargendo una somma molto inferiore rispetto al reale canone che avrebbe dovuto essere versato al fornitore del servizio televisivo. Con il procedimento usato, spiegano gli inquirenti, alcuni soggetti sono in grado di decriptare il segnale delle pay tv, successivamente i codici di decodifica vengono ceduti a «reseller», che li rivendono a clienti compiacenti per visionare illegalmente programmi criptati di alcune delle più note piattaforme digitali.

Leggi l'articolo completo su
Il Mattino