In Italia non ci sono più metereologi: «Non c'è l'università, siamo al fallimento»

In Italia non ci sono più metereologi: «Non c'è l'università, siamo al fallimento»
Con l'arrivo della pensione per Stefano Tibaldi, l’ultimo meteorologo italiano di fama internazionale dopo Guido Visconti a L’Aquila e Antonio Speranza a Camerino, è...

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Con l'arrivo della pensione per Stefano Tibaldi, l’ultimo meteorologo italiano di fama internazionale dopo Guido Visconti a L’Aquila e Antonio Speranza a Camerino, è scattato l'allarme. La figura del meterologo è in via d'estinzione, almeno in Italia. L'allarme alla Protezione Civile è scattato dopo la lettera ricevuta dalla Commissione Grandi Rischi.




"Caro prefetto Gabrielli - scrivono - il nostro Paese presenta una peculiarità che è l’assenza di università che rilasciano lauree triennali o magistrali in Meteorologia e/o Fisica dell’atmosfera. Questo è dovuto all’assenza di Dipartimenti specifici come avviene nella maggior parte dei Paesi".



In un Paese dopo "che tempo fa?" è una delle domande più ricorrenti, il paradosso dell'assenza dell'esperto di settore mette a disagio le prospettive future. Nonostante il web sia pieno di siti dedicati allo studio delle previsione, gli smartphone siano pieni di App dedicate, il fenomeno rischia l'estinzione.



Stefano Tibaldi ha lavorato al Centro europeo di ricerca meteo, è stato docente all’università di Bologna e direttore dell’Agenzia regionale emiliana. "In Italia - dice - la meteorologia è sempre stata cenerentola, ospite della fisica o della geofisica. Il motivo è semplice: sono gli utenti qualificati a chiedere all’università meteorologi qualificati, e qui l’utenza è di bassa qualità". Ma nonostante l'invasione sul web, non c'è stato un cambio di rotta.



"Questa scossa non si è trasmessa all’università, che non ha speranza - sostiene Tibaldi - se c’è spazio per una disciplina, in altri paesi il sistema accademico investe autonomamente prima di essere costretto a farlo; qui è governato dai professori in modo autoreferenziale, ogni disciplina bada a sé. L’accademia è sorda, cieca e muta".



Il suo saluto è amaro. "Dopo tredici anni in Inghilterra, ero tornato nel 1987 per fare qualcosa per la meteorologia italiana - conclude - A malapena sono riuscito a fare qualcosa per me stesso. Un fallimento totale".

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Il Mattino