«Sono qui per mio marito e per la sua memoria. La mia vita è finita su quelle scale dove ho visto mio marito appeso. Dopo la sua morte sono stata nove mesi chiusa in...
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«Mio marito diceva sempre al consulente di investire e custodire il gruzzoletto per la nostra pensione - ha raccontato Lidia Di Marcantonio -. Un giorno ci propose di investire tutto in un buon prodotto e noi ci fidammo, c'era fiducia.
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Luigino D'Angelo andò pure dalla Guardia di Finanza ma non avendo documenti non poté fare nulla. «Subito dopo, mio marito - ha detto Lidia - è andato ad una tv privata e si è documentato chiamando poi tutte le associazioni dei consumatori. Non sapevamo neppure cosa fossero i profili di rischio, forse eravamo ignoranti noi. Alla fine abbiamo capito che il nostro profilo di rischio era stato modificato», ha detto ancora la donna al processo. Il suo racconto in aula si è fatto sempre più drammatico. «Il sabato pomeriggio (28 novembre 2015, ndr) è stato tutto il giorno al computer poi alle 16 mi ha chiamato e mi ha mostrato il diario che aveva scritto per appuntare tutto ciò che era successo. Io poi sono uscita, sono rientrata e ho guardato le scale: c'era mio marito appeso. Ho provato a tagliare quella corda con il coltello da cucina ma lui era 90 chili e non ce l'ho fatta. Lì è finito tutto». «Siamo stati insieme sempre, eravamo l'uno per l'altra - ha anche detto -, e lì su quelle scale la mia vita è finita con la sua. Domani sono 50 mesi che mio marito non c'è più. Io ho con me le sue ceneri e sono stata chiusa in camera con le sue ceneri per nove mesi. L'unica cosa che mi lega a questo mondo è mia mamma, che ha 95 anni, siamo io e lei sole». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino