Nuovo capitolo della vicenda legata alla Brexit. Sulla Brexit si naviga a vista, se non proprio alla cieca, con l'unico obiettivo immediato di allontanare lo spettro di un...
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Inizialmente si pensava che la proroga potesse ridursi soltanto a un secondo mini slittamento, dal 12 aprile al primo giugno, di fronte a scenari che continuano a non offrire alcuna garanzia chiara sugli orizzonti futuri del Regno Unito e a una sua mancata convocazione delle urne. Per la premier Tory la vigilia del vertice di Bruxelles è stata una giornata di questua diplomatica.
Brexit, l'Europa pronta a concedere il rinvio al Regno Unito
Ma sulla durata prolungata, che lo stesso Tusk aveva evocato per primo, l'unanimità dei 27 è tutta da verificare. L'ex premier polacco nella missiva insiste: «Visti i rischi di un no-deal per persone e imprese - scrive - confido che faremo il possibile per evitare questo scenario e propongo di considerare la richiesta della May di un'estensione al vertice di domani». Una proroga che la pericolante inquilina di Downing Street invoca con scadenza al 30 giugno e l'opzione di uscire prima (auspicabilmente per il 22 maggio, in modo da evitare l'incognita e il paradosso di partecipare al voto per l'assemblea di Strasburgo) laddove le riesca ciò che finora non le è riuscito: strappare a Westminster quella ratifica di un accordo di divorzio per la quale solo all'ultimo minuto si è risolta a cercare un compromesso con l'opposizione laburista di Jeremy Corbyn nell'ambito di negoziati che per ora proseguono fra alti e bassi sull'idea di una soft Brexit annacquata dalla permanenza del Regno nell'unione doganale.
Ma una proroga che Tusk ritiene debba poter essere spinta più in là. Se non altro come «alternativa» potenziale, tenuto conto che in base ai precedenti, e alle convulsioni interne alla politica e alla società britanniche, c'è «scarso motivo di credere» che i nodi possano essere sciolti davvero in poche settimane. Un atteggiamento elastico che sembra trovare disponibile la cancelliera Merkel, come emerso dopo il suo faccia a faccia di oggi con l'amica Theresa. E così pure un numero consistenti di governi, incluso quello italiano, decisi innanzi tutto a scongiurare lo spettro di un divorzio senz'accordo che se in riva al Tamigi fa sognare i falchi ribelli brexiteer, nel palazzo del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) fa gridare al rischio di recessione globale o quasi. Più freddo è tuttavia Macron, come sottolinea una fonte dell'Eliseo a margine dell'incontro serale fra la May e il presidente francese. Spiegando che Parigi non si oppone a un rinvio in sé, ma considera decisamente «troppo lungo un anno»: a meno che da Londra non spuntino novità vere, una svolta concreta. Magari in direzione di quel secondo referendum che il fronte Remain britannico non cessa d'invocare, e qualcuno nel continente di ritenere possibile, ma il cui svolgimento e l'eventuale esito restano per ora avvolti nella nebbia.
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Il Mattino