Indietro tutta sulla cannabis a uso medico, per la terapia del dolore e le cure palliative: i farmaci galenici magistrali non saranno a carico del sistema sanitario nazionale e...
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Risultato: i trattamenti continueranno a essere rimborsati a geografia variabile. «La legge nazionale avrebbe messo fine alle disparità tra regioni perché solo alcune coprono le spese per i medicinali a base di cannabis e, a volte, come nel Lazio, neanche per tutte le patologie previste dal decreto ministeriale del 9 novembre 2015», chiarisce Agnese Miro, professore associato alla Federico II. In realtà, già dal 2013 l'agenzia del farmaco ha autorizzato il Sativex, il primo preparato destinato agli ammalati affetti da sclerosi multipla, quando i tradizionali antispastici risultano inefficaci. E, dal 2015, sono stati individuati gli altri impieghi: come analgesico, ad esempio, per le lesioni al midollo spinale, per contrastare l'effetto anticinetosico e antiemetico, quando nausea e vomito sono causati da chemioterapia e radioterapia o dai farmaci anti-Hiv. Inoltre, la cannabis può stimolare l'appetito nella cachessia, la malnutrizione estrema che affligge pazienti oncologici o affetti dall'Aids, e nell'anoressia nervosa, se non risolta con trattamenti standard. Ed è riconosciuto un effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapie convenzionali.
Qualche informazione sulla Campania. Qui l'assistenza è più avanzata grazie a una legge regionale approvata nell'estate 2016, che rende gratuiti i preparati a base di cannabis per tutte le patologie previste nel decreto ministeriale. «Con un risparmio considerevole perché il costo di ogni trattamento può superare i 100 euro», chiarisce Miro, che fa parte del gruppo di lavoro, riunitosi a Palazzo Santa Lucia, assieme ai colleghi Ugo Trama, Francesco Fiorentino, Annunziata Lombardi, Vincenzo del Pizzo, Corrado Cafaggi: «Collaboriamo con la direzione generale Politica del farmaco per il coordinamento attuativo della stessa legge».
Resta tanto da fare. Tutti gli specialisti, ma anche i pediatri di libera scelta e i medici di famiglia possono prescrivere la cannabis con ricetta non ripetibile, accompagnata dal piano terapeutico. «Lo fanno, però, in venti appena. C'è disinformazione tra i professionisti e, soprattutto, tra i pazienti», aggiunge Miro. Anche la formazione dedicata ai farmacisti è in corso: «Ci sono colleghi che da poco hanno presentato tesi di laurea sull'argomento», afferma Michele di Iorio, presidente di Federfarma Napoli. Cento farmacie sul territorio preparano i galenici magistrali a base di cannabis: l'elenco completo, consultabile online, viene aggiornato di continuo.
Epilessia, fibromialgia, morbo di Parkinson, cefalea: anche per queste patologie negli Stati Uniti si fa uso di cannabis. «Ma ricerche scientifiche sono ancora in corso», precisa la professoressa, invitando a evitare il fai-da-te mostrato alle Iene, che hanno realizzato un servizio sulla battaglia di Giuseppe: un ingegnere catanese, che cura l'anziana madre malata di Alzheimer con l'olio di cannabis. «I medicinali galenici devono essere prodotti dal farmacista, secondo norme di buona preparazione e l'estratto oleoso va somministrato per via orale e, poiché non esistono studi su eventuali effetti collaterali, al fine di assicurarne la qualità, occorre effettuare la titolazione dei componenti attivi». Operazione che la legge campana affida alle università, in prima linea il dipartimento di farmacia della Federico II, con il direttore Ettore Novellino. Altre avvertenze per l'uso: «Il fumo non porta benefici, perché la combustione distrugge tutti i principi attivi». E la cannabis, sottolinea l'esperta, «non può essere considerata la panacea di tutti i mali». Come gli altri farmaci, può avere effetti collaterali e non è indicata per quei pazienti con patologie cardiopolmonari severe, durante la gravidanza e l'allattamento, e tra ex tossici. «Il rischio di dipendenza è, tuttavia, inferiore a quello causato dagli alcolici».
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Il Mattino