Frode fiscale milionaria e capolarato nei cantieri navali: scoperti 400 lavoratori irregolari

Frode fiscale milionaria e capolarato nei cantieri navali: scoperti 400 lavoratori irregolari
MONFALCONE/VENEZIA - Frode fiscale milionaria e caporalato connesso all'impiego di oltre 400 lavoratori irregolari. Nell'inchiesta della Guardia di Finanza risultano...

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MONFALCONE/VENEZIA - Frode fiscale milionaria e caporalato connesso all'impiego di oltre 400 lavoratori irregolari. Nell'inchiesta della Guardia di Finanza risultano indagati sette cittadini romeni per reati tributari. Sono state individuate 5 società "esterovestite" e disposti sequestri per 840 mila euro. I redditi sottratti a tassazione sarebbero pari a 5,3 milioni di euro, i contributi e le ritenute non versate ammontano a 3,1 milioni di euro.

L'attività ha avuto origine da un'analisi di contesto nella provincia di Pordenone sulla presenza di società estere operanti nella fornitura di manodopera a favore di aziende e dei cantieri navali di Monfalcone e Venezia, che ha permesso di individuare diverse società di diritto romeno con formali sedi estere, circostanza per la quale non ottemperavano a qualsivoglia obbligo dichiarativo, sia ai fini fiscali sia previdenziali.

A quanto accertato, queste società utilizzavano manodopera specializzata, costituita perlopiù da cittadini romeni estemporaneamente dimoranti in Italia e formalmente inquadrati con contratti di diritto estero. Inoltre, erano state oggetto di segnalazioni antiriciclaggio per «operazioni sospette», in relazione a ingenti transazioni in denaro contante poi utilizzato per pagamenti «fuori busta» ai lavoratori. È stato accertato che le centinaia di addetti gestiti dalle società, distaccati in cantieri e gli stabilimenti di aziende italiane attive nel settore della metalmeccanica del Triveneto (in particolare nelle province di Venezia, Treviso, Gorizia e Udine), venivano assunti con contratti di diritto romeno, apparentemente con la previsione di retribuzioni lorde di poche centinaia di euro - e con conseguenti contributi previdenziali, previsti dalla normativa romena di pochi euro mensili - mentre, in realtà, venivano retribuiti con paga oraria tra i 6 e i 9 euro, arrivando a percepire retribuzioni mensili tra i 1.400 e i 2.000 euro, quasi in linea con i contratti nazionali. Questi pagamenti venivano corrisposti al personale in contanti, a nero.

 

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Il Mattino