«I numeri danno ragione al presidente De Luca. Ha saputo raccogliere, in buona fede, un disagio che esiste. Il settore degli appalti pubblici, sono il primo a saperlo,...
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Presidente Cantone, visto il caos, perché non si può tornare indietro?
«Perché dallo scorso 18 aprile sono entrate in vigore due direttive europee su appalti e concessioni pubblici, approvate nel 2014 e che sono in contrasto con il vecchio codice. E come si sa, oggi la fonte comunitaria prevale su quella nazionale. Eppoi non avevamo un codice degli appalti perfetto: faceva acqua da tutte le parti. Era datato, non dava certezze perché sistematicamente veniva superato con le deroghe».
Non era più semplice introdurre un periodo di transizione?
«Ma di fatto c'è, perché si continuano ad applicare le vecchie norme del regolamento in attesa che vengano introdotte le nuove attuative. Ma poi si fa finta di non sapere che le due direttive sarebbero entrate in vigore lo stesso il 18 aprile del 2016, anche se non avessimo approvato il codice».
De Luca, intanto contesta, gli alti costi legati all'obbligo di presentare un progetto esecutivo.
«Intanto parla di un livello del 10 per cento in più, che è altamente superiore alla media. Ma seppure fosse, quel cosiddetto aggravio del 10 per cento consente risparmi in prospettiva più alti, perché da certezza sul progetto finale. La verità è che è finita la pacchia delle varianti».
Che cosa non comprende De Luca?
«Una volta si partiva da progetti generici, con il pubblico che aveva soltanto il compito di finanziare l'opera, mentre il privato di fatto stabiliva cosa fare. Perché con il minimo ribasso si aggiudicava gli appalti e con quello della variante cambiava a suo piacimento il progetto rispetto alla richiesta del committente, alzando la spesa. Molte opere venivano iniziate, poi nelle more, da che dovevano costare cento, si finiva per pagarle mille. E proprio perché non si aveva idea di cosa bisognava fare».
Il governatore teme che il ruolo di supervisore dell'Anac possa allungare i tempi della realizzazione delle opere?
«De Luca ha chiesto a noi come autorità la vigilanza collaborativa per gli appalti delle ecoballe. Può dichiarare che il nostro intervento ha avuto l'effetto di rallentare oppure quello di velocizzare le gare?».
Sempre il presidente De Luca ha detto...
«Ma basta, non è una questione personale tra me e De Luca! Il tema vero è che le amministrazioni non sono pronte. Il codice richiede una loro maggiore responsabilizzazione, va letto in una logica d'insieme, quando entreranno in vigore tutti gli altri pezzi. Mi sorprende però che le critiche sono partite non appena il testo è stato approvato. E ai giusti timori si risponde facendo terrorismo, con una campagna ideologica, non dando la possibilità di comprendere quanto sia innovativo questo strumento».
Perché è innovativo?
«Gli appalti si aggiudicano in base al sistema dell'offerta economica più vantaggiosa al posto del massimo ribasso. Otterremo una riduzione delle stazioni appaltanti attraverso la qualificazione: chi vuole fare quest'attività deve dimostrare di avere le capacità. Le commissioni di gara non vengono più scelte dalla pubblica amministrazione, ma da soggetti terzi, che l'Anac sorteggia da un apposito albo».
Gli esperti lamentano troppo discrezionalità con l'offerta economica più vantaggiosa.
«Ci sarebbe maggiore discrezionalità se la stazione appaltante non dovesse rispondere a livelli di qualificazione: se un comune non è in grado di gestire un determinato appalto perché più grande delle sue possibilità lo fa un soggetto terzo».
In sostanza qual è il suo obiettivo?
«Il mio? È quello del legislatore: cambiare radicalmente la logica tutta italiana sugli appalti: quella del fare le opere tanto per farle. Ora il principio guida, in un'ottica europea, diventa che le opere messe a gara si finiscano per davvero. I lavori pubblici sono stati da sempre un moltiplicatore della spesa, senza però guardare né alla qualità strutturale e infrastrutturale né ai basilari principi di finanza pubblica». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino