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C’è la cassa “comune” quella dove confluiscono parte dei soldi che gli occupanti abusivi pagano per entrare in un appartamento di un ente pubblico o privato senza averne titolo. Non sono alloggi che chi gestisce il racket delle occupazioni trova loro gratuitamente. Tutto ha un costo: chi non entra in graduatoria e non trova una sistemazione si rivolge molto spesso al circuito parallelo.
Dietro ci sono i movimenti per l’abitare ma pure la criminalità organizzata che ha capito quanto può fruttare il sistema da parte degli occupanti. E se non è estorsione poco ci manca, considerate le cifre che al momento dell’ingresso e pure mensilmente vengono richieste.
Il paradosso è che il sistema regolare, tra censimenti che saltano e posizioni degli aventi diritto non aggiornate, viene due volte beffato: chi occupa irregolarmente paga con regolarità ma lo fa a chi gestisce illegalmente immobili pubblici e privati. Colui che, invece, è formalmente regolare - poiché assegnatario di un appartamento di residenza popolare - ma non ha aggiornato l’Ater o il Comune sulla propria posizione fiscale (reddito, lavoro) due volte su tre continua a pagare meno del dovuto. Solo chi è fiscalmente verificabile vede cambiare l’importo dovuto mentre i lavoratori in nero, le partite Iva, che non si “autodenunciano” per il miglioramento della propria condizione continuano a pagare anche 30 euro al mese (a tanto ammontano i canoni di locazione ad esempio per alcuni alloggi di edilizia popolare in zona Tiburtina).
Appena due anni fa i carabinieri del Nucleo investigativo di Ostia sequestrarono 13 appartamenti tra Dragona e Dragoncello, tutti di proprietà dell’Ater o del Comune che tuttavia venivano gestiti dal clan Costagliola, una famiglia di Camorra da anni impiantatasi nella zona di Acilia.
Ma poi c’è pure chi, tra i denti, fa di conto e dice che qualcuno arriva anche a superare i mille euro. Bisogna tenere conto della tariffa di ingresso, una quota che esula la retta mensile, e poi la quota per la “cassa comune” che serve per le “spese ordinarie” insieme al dovuto mensile. Piazza Indipendenza l’aveva insegnato: durante lo sgombero furono trovate ricevute fittizie per i soggiorni degli occupanti. Prezzi variabili dai 10 euro ai 30 euro a notte per dormire su un giaciglio. Dietro l’occupazione dell’edificio di via Curtatone, c’era finito anche quell’uomo, Luca Fagiano, rimbalzato ora nella chat dell’assessore al Patrimonio Tobia Zevi. E poi ancora la mala che ritorna con quella donna conosciuta a Rebibbia come “l’agente immobiliare”. Pure dal carcere secondo l’accusa, una romana di 50 anni, gestiva appena pochi anni fa il racket di alcuni appartamenti di enti tra Don Bosco, Cinecittà e via Flavio Stilicone: per ogni occupazione che andava in porto la tariffa oscillava tra i 4 mila e gli 11 mila euro. All’epoca l’inchiesta partì dopo che in via Calpurnio Fiamma una famiglia di peruviani era entrata in un appartamento vuoto e alcuni residenti avevano chiamato la polizia.
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