Sembra una beffa. Tra nove giorni L’Aquila ricorderà le vittime del terremoto, che il 6 aprile 2009 ha distrutto la città e devastato le famiglie, segnate indelebilmente da...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Una beffa per le parti civili del processo, il cui primo severo verdetto è stato ribaltato in Appello con l’assoluzione di sei esperti e la sola condanna, rideterminata, di Bernardo De Bernardinis, all’epoca numero due della Protezione civile. La sentenza della Corte d’Appello, accolta dai familiari delle vittime, al grido di «vergogna, li avete ammazzati un’altra volta», è il fondamento della richiesta inviata alle parti civili, che avevano incassato complessivamente 7,8 milioni di euro, disposti dal giudice Marco Billi come risarcimento immediatamente esecutivo.
LA DIFFIDA
La famiglia Fioravanti, rappresentata dall’avvocato Fabio Alessandroni, è tra le prime ad avere ricevuto la «richiesta restituzione somme». «Si invita e si diffida - si legge nell’atto - alla restituzione delle somme percepite e a corrispondere senza indugio e, comunque entro 30 giorni dal ricevimento della presente, alla presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento della Protezione civile, l’importo di 203 mila euro, oltre le spese legali 1.573 euro e 2 mila euro di interessi» calcolati dal momento della sentenza di primo grado fino al 28 febbraio 2015.
LE ISTRUZIONI
L’atto chiude con le istruzioni di pagamento e con le indicazioni della causale: «Restituzione della provvisionale liquidata» e con il numero di fax «al fine di comprovare l’avvenuto pagamento» da «trasmettere immediatamente allo scrivente» utilizzando in caso anche la posta certificata. Sul fronte del risarcimento del danno, le parti civili si sono mosse in modo differente dopo la sentenza del tribunale dell’Aquila. C’è chi non ha atteso per avviare l’istanza in sede civile e c’è chi ha deciso di aspettare la conclusione dell’iter giudiziario penale. La sentenza di primo grado aveva previsto provvisionali per i familiari delle vittime, da liquidare entro 90 giorni, suddivisi in due liste distinte di parti civili. Lo Stato non ha voluto attendere la decisione della Cassazione, alla quale è stato presentato il ricorso contro il verdetto della Corte d’Appello, preferendo “battere cassa” da subito e a pochi giorni dalla commemorazione delle 309 vittime.
Leggi l'articolo completo su
Il Mattino