Non c'è solo la frase in cui si parla dell'incontro con un Renzi da parte dell'imprenditore Alfredo Romeo (il Renzi in questione era in realtà Matteo,...
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Accade nella chat interna al gruppo investigativo, quando Scafarto si raccomanda: «Per favore qualcuno che si ricorda se Romeo ha mai detto a qualcuno di aver visto, anche una mezza volta, Tiziano. Questo passaggio è vitale per arrestare Tiziano». E sebbene la risposta sia «già fatto e siamo giunti alla conclusione che è Bocchino che abbassando il tono della voce dice quella frase», nell'informativa si dice il contrario.
Ancor più surreale è la vicenda della presunta identificazione del generale Fabrizio Ferragina, ex Aise, tra coloro che visitano l'imprenditore Alfredo Romeo. La persona in questione era in realtà tale Gennaro De Pasquale e, scrivono i pm nella richiesta «al di là di qualche marginale imprecisione rispetto ad un più accurato ascolto, è emerso come la corretta identificazione emergeva già nell'attività di pg effettuata dal Comando tutela ambiente».
Nella pre-informativa scritta dai Carabinieri del Noe, si dice esplicitamente che il nome in questione è «Gennaro De Pasquale», che un alto funzionario dell'Aise ha detto che non gli risulta che sia ai servizi interni o esteri e infine che mentre il leader della Romeo gestioni e il suo consulente tuttofare Bocchino parlano delle verifiche che devono avviare su di lui, «entra nell'ufficio la sua segretaria (di Romeo ndr), alla quale l'imprenditore dice che giungerà una mail dal dottor De Pasquale per una candidatura. Tutto chiaro, sembra. Eppure, nell'informativa conclusiva di Scafarto, il dialogo con la segretaria scompare e la sintesi diventa: «Romeo Alfredo racconta la storia di quest'uomo dei servizi», e: «Romeo Alfredo è persuaso della bontà delle informazioni ricevute e ritiene il soggetto affidabile». Tutte le volte in cui nei brogliacci il nome è riportato correttamente, la citazione scompare dall'informativa. Le dinamiche sono simili anche nel presunto «contropedinamento» da parte dei servizi: l'identificazione del sospetto come un semplice residente del quartiere in cui ha la sua sede la Romeo Gestioni viene omessa dall'informativa.
A coinvolgere più direttamente il colonnello Alessandro Sessa è, invece, l'accusa di depistaggio per aver cancellato tutta la applicazione whatsapp, con le conversazioni che lo collegano a Scafarto e che potrebbero dimostrare, come lui stesso ha ammesso in un secondo interrogatorio, che il capo di Stato maggiore, generale Gaetano Maruccia, sapeva ogni dettaglio dell'inchiesta fin dall'estate 2016.
La circostanza, alla luce di quanto è emerso non sembra casuale, come ha raccontato un tenente colonnello presente alla scena, che sarà poi interrogato: «Ricordo che eravamo in sala di attesa dal generale Pascali, io il colonnello Sessa, il tenente colonnello Mommo, e il capitano Scafarto. Quest'ultimo era già indagato ed aveva subito da poco il sequestro del suo smartphone. Il colonello Sessa non sapeva che i cellulari operassero il backup delle conversazioni tramite whatsappe. Alla richiesta di Sessa se fosse possibile eliminare tale possibilità, Scafarto gli disse che dovevano modificarsi le impostazioni, cosa che poi effettivamente fece sul telefono di Sessa».
Interrogato sul punto che ora gli costa la sospensione e una pesante accusa di depistaggio, Sessa è generico: «Un collega più esperto di me ha fatto l'operazione di modificare le impostazioni del telefonino inserendo l'opzione backup mai. Non so se ha fatto altro e non ricordo se tale operazione sia stata fatta dal colonnello Mommo o dal capitano Scafarto». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino