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Non ha trovato esattamente il clima che si aspettava, il ministro del Lavoro Andrea Orlando alla riunione di ieri con le parti sociali sulla riforma degli ammortizzatori sociali. Nessun entusiasmo particolare. Anzi. Molti dubbi e molte perplessità praticamente da parte di tutti, anche se con i dovuti distinguo. Non sono bastate quattro ore di videocall per ottenere un sì forte e convinto alle linee guida che fissano il principio di tutele universalistiche. Le quali in realtà non dispiacciono, ma senza numeri e cifre è come se si parlasse di un contenitore vuoto.
Il documento di sei pagine che il ministro ha distribuito già qualche giorno fa ai convocati, infatti, non dice se ci saranno aliquote aggiuntive, per chi ed eventualmente di quanto. Che tutti, anche coloro che finora erano esentati, dovranno pagare qualcosa è ormai pacifico. Ma a partire da quando? Quanto durerà il periodo di transizione durante il quale il maggior costo della riforma sarà coperto con i soldi pubblici? Il 2 settembre si rivedranno. All'ordine del giorno della nuova riunione ci sarà l'altra gamba delle tutele occupazionali: le politiche attive. Ma, visto che i due argomenti sono complementari, si parlerà anche di nuovo di ammortizzatori. Così da avere, entro fine settembre, un quadro abbastanza chiaro su entrambi i fronti. Questa volta anche con i costi e le risorse a disposizione, che dovranno poi essere inseriti nella legge di bilancio.
COMPENSAZIONI
Dai piccoli una richiesta chiara e forte: introdurre nella riforma fiscale in arrivo una riduzione del cuneo contributivo in grado di controbilanciare l'inevitabile aumento dei costi della riforma degli ammortizzatori.
MIGLIORAMENTI
A fornire più sostegno al ministro Orlando sono i sindacati. Che, pur chiedendo di migliorare alcuni aspetti specifici, in definitiva hanno già detto che condividono l'impianto dello schema di riforma. Per il numero uno della Cisl, Luigi Sbarra «sono diverse le cose apprezzabili: il miglioramento del sistema di ammortizzatori in costanza di rapporto di lavoro nella direzione della universalità, in particolare ricomprendendo i datori di lavoro sotto i 6 dipendenti; l'ampliamento delle causali, con l'introduzione della cessazione di attività, una causale specifica per affrontare le transizioni e gli incentivi alla causale contratto di solidarietà; l'innalzamento del valore economico della prestazione; il potenziamento di Naspi e DisColl con particolare attenzione ai lavoratori discontinui; il sostegno al lavoro autonomo; il legame con le politiche attive». Anche Sbarra però pone il problema dei costi, chiede che la transizione a carico dello Stato sia di un quadriennio, ed evidenzia «una forte perplessità relativamente alla coesistenza di un ammortizzatore ordinario e di un ammortizzatore straordinario per tutti i datori di lavoro: si rischia di introdurre nuove e maggiori aliquote contributive senza che ciò corrisponda ad una effettiva esigenza». Positivo il giudizio di Pierpaolo Bombardieri, leader Uil, che però sottolinea la «necessità di miglioramento per la Naspi e la Discoll e per altre questioni che porremo nel prosieguo del confronto». Deluso invece il segretario generale Cgil, Maurizio Landini: «Il confronto è stato ancora interlocutorio e non ha portato significativi passi in avanti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino