Corea del Nord: le autorità ammettono tre focolai di Covid-19 e Kim Jong un non appare in pubblico

Corea del Nord: le autorità ammettono tre focolai di Covid-19 e Kim Jong un non appare in pubblico
Le autorità nordcoreane avrebbero informato pubblicamente i cittadini e le squadre di sorveglianza locali sulla presenza di casi confermati di coronavirus nel Paese. A...

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Le autorità nordcoreane avrebbero informato pubblicamente i cittadini e le squadre di sorveglianza locali sulla presenza di casi confermati di coronavirus nel Paese. A riferirlo è Radio Free Asia. Le dichiarazioni, diffuse nella tarda giornata di venerdì, sono in contrasto con quanto sostenuto dalla Corea del Nord almeno fino al 1 aprile, giorno in cui il regime di Pyongyang, il più impenetrabile del mondo, aveva ribadito di non avere nessun caso di infezione da Covid-19 e che le misure d'emergenza avevano funzionato al 100%. Sin dall'inizio dell'epidemia era apparso abbastanza singolare che la Corea del Nord, visto il lungo e poroso confine con la Cina, fosse rimasta immune alla malattia.




Sarebbero 3 focolai nel Paese e infezioni da Covid-19 sarebbero state riscontrate almeno dalla fine marzo, secondo quanto affermato dalle due fonti nordcoreane citate da RFA. Pyongyang, le privince di South Hwanghae e North Hamgyong sarebbero le tre aree più colpite, ma anche su questo punto sorgono legittimi dubbi. A guardare la cartina della Corea del Nord, le aree considerate sono al centro e alle estremità sud e nord del territorio nazionale. Appare dunque difficile che le altre regioni siano rimaste al sicuro dalla rapida diffusione del coronavirus, che sappiamo essere altamente infettivo, e che tutto il resto del territorio ne sia privo. Inoltre, in un ospedale di Chongjin, nella provincia di North Hamgyong, sarebbro stati cremati i corpi dei pazienti deceduti, non si sa per quale causa ma con sintomi di polmonite, negando ai parenti la celebrazione dei riti funebri. In seguito, l'ospedale sarebbe stato sanificato. Non solo, alcuni report settimane fa avevano fatto emergere la notizia di centinaia di morti tra i soldati nordcoreani, ai quali per rafforzare le difese immunitarie sarebbe stata raddoppiata la razione di cibo quotidiano.

Le autorità hanno messo al corrente i cittadini in ogni area del Paese per evitare il rischio di contagio. Un atteggiamento che conferma quanto già deciso da Pyongyang sin dalle prime fasi dell'epidemia. La Corea del Nord, a differenza del passato, aveva deciso di informare sin da subito i cittadini sui rischi per la salute, fornendo consigli molto precisi e necessari a contrastare il virus. Segno che il regime non avrebbe sottostimato l'emergenza, come si crede sia avvenuto. Nonostante la diffusione di fake news su cure miracolose, Pyongyang aveva agito per tempo bandendo gli arrivi dalla Cina, cancellando le manifestazioni e gli eventi pubblici, imponendo controlli rigidi agli stranieri, per poi, a inizio marzo, disporre il rientro di centinaia di dipomatici stranieri nei rispettivi Paesi.


Ma era evidente che la Corea del Nord non avrebbe avuto la capacità di gestire la crisi causata dal coronavirus, considerate l'arretratezza del sistema sanitario nazionale e la povertà estrema dei cittadini, almeno il 40% dei quali denutriti e quindi più deboli. Non a caso, il dittatore Kim Jong un aveva presenziato all'inizio dei lavori di un grande ospedale a Pyongyang, da terminare entro la fine di ottobre 2020. Anche su Kim si fanno tutte le ipotesi. Il leader nordcoreano non ha partecipato alla commemorazione del 108esimo compleanno del nonno, il "grande leader" Kim Il Sung fondatore della Corea del Nord, un giorno che nel paese è festa nazionale. Kim non era mai stato assente. Il giovane dittatore di 36 o 37 anni, evidentemente in sovrappeso, potrebbe non essere apparso in pubblico per motivi di salute. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino