Dopo il serpente e il pangolino, ora sono i cani randagi ad essere indicati come il possibile animale intermedio da cui il virus SarsCov2 ha fatto il salto all'uomo, causando...
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In questo studio i ricercatori hanno esaminato i 1252 genomi di coronavirus custoditi nella GenBank, scoprendo il SarsCov2 e il suo parente più stretto, il coronavirus del pipistrello (BatCoV RaTG13), hanno la minor quantità di molecole Cpg rispetto agli altri coronavirus. Il genoma di un pipistrello trovato nel 2013 nella provincia dello Yunnan, ma sequenziato a Wuahn solo a fine 2019, è risultato essere il parente più stretto del SARS-CoV-2. Esaminando i cani, gli studiosi hanno scoperto che solo i genomi dei coronavirus canini, che hanno causato nel mondo malattie intestinali in questi animali, hanno una carica di molecole Cpg simile a quelle del virus SARS-CoV-2 e del pipistrello BatCoV RaTG13. Inoltre il recettore Ace2, usato dal nuovo coronavirus per entrare nella cellula umana, viene prodotto nel sistema digestivo umano. Il che suggerisce, secondo i ricercatori, che il sistema digestivo dei mammiferi sia probabilmente il bersaglio chiave dei coronavirus. «L'abitudine dei cani di leccarsi l'ano e i genitali potrebbe aver facilitato la trasmissione del virus dal sistema digestivo a quello respiratorio», rileva Xia. Secondo i ricercatori quindi il nuovo coronavirus si sarebbe diffuso dai pipistrelli ai cani randagi, che ne avrebbero mangiato la carne. Nell'intestino dei cani è evoluto rapidamente, in modo da sfuggire alla proteina Zap, diventando pericoloso per l'uomo.
«Ogni giorno ci sono nuove ipotesi scientifiche che coinvolgono anche cani e gatti e che, seppur sottoscritte, rischiano di gettare ombre e dubbi sugli animali a 360 gradi - interviene l'Ente nazionale protezione animali - Per noi altrettanto autorevole è lo studio condotto dal Gruppo di Ricerca Covid dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, pubblicato sulla rivista dell'Istituto Pasteur di Parigi Microbes and Infection secondo il quale la vicinanza agli animali domestici e ai bovini può aumentare le difese immunitarie naturali dell'uomo in modo da attenuare i sintomi di una eventuale infezione». L'Enpa ricorda che «lo studio scientifico del Gruppo di Ricerca Covid dell'Università Cattolica del Sacro Cuore rivela che gli animali non rappresentano affatto un pericolo per l'uomo ma al contrario, aiutano l'uomo. Gli animali sono un'incredibile risorsa per noi - afferma Carla Rocchi, presidente nazionale Enpa - oggi più che mai dobbiamo rendercene conto e agire di conseguenza senza alimentare psicosi ingiustificate che potrebbero tradursi in colpevoli abbandoni e in episodi di maltrattamento. Serve - conclude Rocchi - una maggiore responsabilità». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino