Coronavirus Inghilterra, l'infermiere italiano: «Mascherine vietate fuori dai reparti: qui hanno preso il virus alla leggera»

Per amore, nonostante il covid, nonostante le botte. L'estate di due anni fa Marzio Fagioli, ora 23 anni, di Pomezia, fu aggredito da una baby gang su una pista ciclabile,...

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Per amore, nonostante il covid, nonostante le botte. L'estate di due anni fa Marzio Fagioli, ora 23 anni, di Pomezia, fu aggredito da una baby gang su una pista ciclabile, tornava a casa dall'ospedale di Cambridge dove lavora con la sua compagna. Era in bici, fu un aggressione di bulli giovanissimi, preso a bastonate, dileggiato, da una banda che resta ancora impunita nonostante abbia commesso altri attacchi. «La polizia di Cambridge mi disse: probabilmente non li troveremo e così è stato».


Marzio non ha mai speso tempo a cercar vendetta, a ottobre si è laureato in Produzione cinematografica e televisiva all'Università Anglia Ruskin di Cambridge. E ha deciso di restare, per amore: è lì che vive con la sua compagna Jenelle, progettano un futuro, una famiglia. Per lei, e per necessità sta facendo apprendistato come infermiere, presso l'ospedale Addenbrookes. Nel frattempo Marzio, una volta dice di aver incrociato in pieno giorno i suoi aggressori, «sono ragazzini, poveri e maleducati, con genitori alcolizzati e drogati, sono andato alla polizia, gli ho detto che li avevo visti, mi hanno detto che il caso era chiuso...».
Il tempo è passato solo per lui che nonostante tutto ha deciso di restare in Inghilterra, per amore e per lavoro. Dato che la compagna è infermiera, ha deciso di intraprendere anche lui il corso di studi da infermiere, «in modo da poter fare qualcosa di concreto. Non vedo l'ora di condividere informazioni sulla sanità, sul campo capisci tante cose, per aiutare la gente, anche dal punto di vista mentale, prevenire eventi, prima di finire in ospedale».
 
Nel frattempo si ritrova a lavorare in ospedale con un contratto a progetto. «Vuol dire che ogni giorno lavoro nel reparto a cui servo, quindi a volte lavoro nei reparti covid e a volte no. A volte mi sento in colpa perché da asintomatico posso aver portato il virus dove non c'è. Se io mi dovessi prendere il virus e non avere sintomi lo potrei attaccare a chi è nei reparti covid, la mia compagna lavora nel reparto post chirurgia dove stanno ricoverando i pazienti con covid quindi lei è sempre in prima linea». In pratica Marzio ha un contratto con l'ospedale dove in teoria può scegliere i turni, «ultimamente mi capitano sempre i reparti covid. Qui il virus in generale è ancora preso molto alla leggera, addirittura fuori dai reparti ci vietano di indossare mascherine, anche per strada, per non spaventare la gente. Fino a qualche giorno fa stavamo con il grembiulino di plastica messo a mo' di bavaglino, senza coprire braccia e gambe. Le protezioni non sono giuste, a volte arrivano pazienti con sintomi, ma dal momento in cui arriva il test a quando c'è il risultato li trattiamo come se non avessero niente. Se poi ci arriva il test e si scopre che quella persona aveva il covid e non eravamo protetti, non solo ce lo siamo presi noi ma lo abbiamo portato ad altri pazienti».


Marzio ama quel luogo dove ha scelto di vivere e studiare ma allo stesso tempo avverte una certa leggerezza. «Non ci sono abbastanza divise usa e getta, ancora usiamo la divisa tipo suore della prima guerra mondiale, tranne chi sta in chirurgia o terapia intensiva. Secondo me non si sta abbastanza attenti». La sensazione è che si ragioni in merito all'età. I giovani possono sopravvivere mentre come l'avvertimento di Boris Johnson preparatevi a dire addio ai nostri nonni sembra una indicazione pratica. Altro che coprifuoco, lettere a casa sono arrivate invitano a fare esercizio fisico una volta al giorno, non ti parlano di protezione. Da voi in Italia mi sembra l'altro estremo, anche troppo, penso alla gente con le mascherine in macchina». Marzio ogni giorno assiste qualcuno, «vedo che ogni ospedale fa come gli pare, qui danno paracetamolo e antibiotico, e ti mettono il respiratore. La gente si ammala anche nei reparti puliti, perché ci fanno andare da un reparto all'altro senza protezioni». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino