Coronavirus Italia, l'appello di Brusaferro ai cittadini del Sud: «Restate a casa anche se il virus frena»

Coronavirus Italia, l'appello di Brusaferro ai cittadini del Sud: «Restate a casa anche se il virus frena»
Presidente Brusaferro, davvero restare a casa è l'unica misura necessaria per evitare il propagarsi del contagio? ...

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Presidente Brusaferro, davvero restare a casa è l'unica misura necessaria per evitare il propagarsi del contagio?

«È certamente uno dei principi-cardine su cui stiamo basando l'azione di contrasto dell'infezione».

Ma in Campania, ora che i dati dei contagiati sono in calo, molta gente è stata vista in strada. Lei l'altro giorno ha stigmatizzato questo atteggiamento citando tra l'altro una foto pubblicata sul nostro giornale...
«Due precisazioni da fare. La prima: siamo molto attenti alla curva del contagio. C'è una curva nazionale ma ci sono poi le varie curve regionali. È evidente che il distanziamento sociale è una misura di necessità per tutto il Paese. Qui non si tratta di fare differenze di latitudine. È una questione di consapevolezza e sensibilità. L'altra questione riguarda la sostenibilità operativa del nostro sistema di assistenza ospedaliera: bisogna evitare l'alto numero di contagi perché il fabbisogno ospedaliero sia sostenibile. E questo vale per le regioni del Nord come per le aree del Sud».
 
Il professor Silvio Brusaferro, 60 anni, friulano, è il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità.

Alcuni sindaci e presidenti di Regione ritengono utile fare quanti più tamponi possibile per arginare il contagio. È una misura utile?
«Certamente sono utili ma bisogna tenere presenti almeno due variabili. La prima è che per una mappatura a tappeto della popolazione occorrerebbe un numero elevatissimo di tamponi, superiore alle attuali disponibilità immediate. La seconda è che io possono sottopormi al tampone e risultare negativo oggi ma poi contrarre l'infezione domani. In molti casi ci sono soggetti che hanno superato l'infezione in maniera asintomatica».

Alcune Regioni come la Campania e le Marche si stanno dotando di kit per l'esame istantaneo per la positività o negatività al Covid-19. La Campania ne ha ordinati un milione. È un metodo utile?
«Non conosco nel dettaglio le singole caratteristiche di questi kit. Dico soltanto che esiste un'apposita commissione di esperti a livello nazionale che sta vagliando l'attendibilità e l'efficacia di questi dispositivi di diagnostica sierologica. E sulla diagnostica rapida la risposta non è ancora pronta».

Tre ministeri stanno mettendo a punto un sistema ad alto potenziale tecnologico per mappare l'estensione del contagio e prevenirne eventuali evoluzioni. È d'accordo?
«È certamente utile utilizzare le moderne tecnologie per analizzare i vari aspetti di una società aperta come la nostra: relazioni sociali, fattori di rischio, ogni aspetto deve essere valutato e approfondito. Giudico positivamente la call che è stata avviata».

Ha destato una certa sensazione l'analisi del capo della Protezione civile Borrelli che ha indicato in uno a dieci il possibile rapporto tra un paziente certificato di Covid-19 e potenziali malati non censiti. Se questo è lo scenario fa rabbrividire...
«Credo che Borrelli intendesse indicare nel suo insieme le dimensioni di un fenomeno che stiamo di giorno in giorno conoscendo, approfondendo, esaminando adottando di volta in volta dinamiche e decisioni importanti. Ma è altrettanto vero che la risposta del nostro sistema dell'assistenza sta reggendo».

Nell'ultimo decreto del governo si intravede un orizzonte lungo, fino al 31 luglio, sebbene ieri il premier Conte abbia mandato messaggi più rassicuranti. Cosa ne pensa?
«È presto per fare previsioni. Aspettiamo di valutare il picco e di comprendere con quale rapidità e con quale forza l'epidemia avanzerà o rallenterà nei prossimi giorni. Mi faccia ancora essere prudente».

Un rapporto Randstad Research evidenzia come in Italia la spesa sanitaria sia appena l'8% del Pil, il 10% in meno della media Europea. Crede che politiche di contenimento della spesa adottate da alcune regioni per far quadrare i bilanci abbiano inciso sul livello dell'assistenza?
«Intanto l'ultima finanziaria ha aumentato le risorse cercando di correggere le scelte di un periodo di riduzione significativa della spesa sanitaria».

Ma con più fondi, più attrezzature, più medici l'Italia avrebbe affrontato meglio questa crisi?
«Quando tireremo le somme lo sapremo. Ma se questa epidemia ci lascerà un insegnamento è che dovremo molto riflettere sulle scelte di programmazione sanitaria».

È preoccupato?
«L'Italia comunque è visto come Paese pilota in una situazione nuova per tutti. Per primi abbiamo adottato provvedimenti molto restrittivi in uno scenario molto complesso. E le determinazioni dell'Italia sono state ricalcate anche da altri Paesi».

Crede che qualcosa non abbia funzionato o non stia funzionando?

«Questa epidemia ha caratteristiche nuove, un po' tutti i Paesi stanno adottando decisioni di volta in volta. Noi stiamo progressivamente acquisendo conoscenze ed evidenze. Stiamo imparando. Poi alla fine tireremo le somme».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino