«È una guerra», contro il coronavirus i gruppi di preghiera di Padre Pio in campo a pregare in tutto il mondo

«È una guerra», contro il coronavirus i gruppi di preghiera di Padre Pio in campo a pregare in tutto il mondo
Città del Vaticano – Servirebbe un miracolo per fermare questa «guerra». Dal santuario di San Giovanni Rotondo, dove riposano i resti del frate di...

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Città del Vaticano – Servirebbe un miracolo per fermare questa «guerra». Dal santuario di San Giovanni Rotondo, dove riposano i resti del frate di Pietrelcina, è partita stamattina una rete no-stop di preghiere in tutto il mondo per invocare l'intercessione di Padre Pio. I Gruppi di Preghiera – una rete globale nata su impulso di uno dei santi più popolari d'Italia – stavolta si concentra su un testo nuovo che è stato diffuso per fermare il coronavirus ed è stato approvato dal vescovo locale, Franco Moscone. 


«In questo tempo di pandemia diventa impossibile riunirci fisicamente come Gruppi di Preghiera, ma ognuno di noi sa di essere persona in comunione con tantissime altre per sconfiggere il male del coronavirus».

Nel testo si chiede aiuto per fermare «questa guerra».

Si prega per chi è malato, chi è costretto alla quarantena «come se fossero arresti domiciliari», per i medici in trincea, per i governanti «obbligati ad assumere decisioni che appaiono amare e impopolari»; per il mondo dell’economia, per i lavoratori, gli operai e gli impenditori di tutte le categorie, che «vedono indebolita la loro attività e temono per la resistenza delle loro imprese: toccherà a loro la ricostruzione al termine di questa guerra».

Il testo continua: «che si rafforzi in loro la creatività ed il senso del bene comune; preghiamo per i dimenticati: anziani e persone che vivono sole, mendicanti e homeless, tutte categorie rimaste come “escluse” dai circoli relazionali, che già erano in difetto e labili nei loro confronti;e per gli ultimi che non appaiono più nell’informazione giornalistica e televisiva: gli emigranti, i rifugiati, chi rischia la vita attraversando sui barconi il “nostro mare”».













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Il Mattino