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Ancora di coronavirus in Europa neppure si parla. Piacenza, qualche mese dopo, diventerà zona rossa; confinante con Lodi sarà tra le province che avrà più casi e più vittime di Covid-19. Spostiamoci in Lombardia, altro quotidiano locale: la Provincia di Crema. Titola il 23 dicembre 2019: «Picco di polmoniti nel Cremasco». Segnalazioni simili arrivano anche da Milano. A Brescia addirittura si va indietro fino a settembre: «Sono già 138 - scrive l’Ansa - gli accessi ai Pronto soccorso per polmonite, contratta da un batterio sulla cui natura è ancora in corso l’analisi dei medici di Ats». C’è un consulente del lavoro che ricorda un episodio che risale ancora a prima, a inizio 2019. Spiega al Messaggero: «Nel corso dei primi mesi del 2019 mi sono interessato al problema sorto nel Bresciano per una sospetta presenza di legionella in un’area territoriale vasta tra Brescia e Mantova. Il sospetto nasceva dalla anomala quantità di strane polmoniti che ha colpito la popolazione di quelle aree e per le quali non si riusciva a dare una spiegazione. Si scoprì che la Legionella era sì presente, ma non era stata la responsabile delle polmoniti e quindi il caso si chiuse senza capire la causa della malattia che aveva colpite circa un migliaio di persone. Mi chiedo se quei casi possano in qualche modo essere ricondotti a una circolazione ancora precedente del coronavirus».
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C’è un altro elemento che colpisce: le segnalazioni di “polmoniti anomale” arrivano tutte dalle aree che successivamente sono state colpite pesantemente da Covid-19. Ovviamente, serve enorme prudenza e tutti gli esperti rifiutano questo tipo di conclusioni. Spiega il professor Mattia Bassetti, primario di Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova: «In Italia dimentichiamo sempre che la polmonite, anche prima di Covid-19, è la quinta causa dei decessi ogni anno. Un eccesso di polmoniti, anche a causa dell’influenza, non è sorprendente nei mesi invernali. Io voglio restare ai fatti: in Liguria si è dimostrato, analizzando le donazioni del sangue, che Sars-CoV-2 era presente a dicembre, ma questo non significa che già allora abbia causato polmoniti e tanto meno decessi. Pensare che vi siano responsabilità dei colleghi della provincia di Bergamo che non avrebbero riconosciuto una malattia che nessuno conosceva è folle».
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Simile la posizione del professor Andrea Crisanti, professore di Microbiologia clinica a Padova e consulente dei pm di Bergamo che indagano sulla gestione dell’emergenza Coronavirus: i 110 casi di polmonite “non classificabili” registrati tra novembre e gennaio all’ospedale di Alzano (Bergamo), potrebbero non avere relazione con il coronavirus. «Nessuno dei casi di polmonite registrati tra ottobre e gennaio in Veneto, 3mila, ha evidenziato la presenza del Covid». Anche l’Ats di Bergamo (l’azienda sanitaria) non crede che quelle polmoniti siano state causate, già a dicembre, dal coronavirus: non ci sarebbero «evidenze statistiche tali» da portare al sospetto di una «presenza precoce di ricoveri» per polmoniti da coronavirus in provincia di Bergamo nei mesi di dicembre 2019 e nel bimestre gennaio e febbraio 2020. L’azienda sanitaria di Bergamo confronta i dati con lo storico degli anni 2017 e 2018: «Si evidenzia inoltre un chiaro effetto di stagionalità in tutti e tre gli anni pre-2020 analizzati e l’estrapolazione dei medesimi criteri sui dati specifici della struttura di Alzano Lombardo mostra un trend coerente con la valutazione».
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Il Mattino