Crisi da Coronavirus, boom dei prestiti personali: è allarme usura al Sud

Crisi da Coronavirus, boom dei prestiti personali: è allarme usura al Sud
«'Sto coronavirus è proprio un buon affare» dice al telefono, intercettato, un pregiudicato napoletano il cui clan si era intrufolato nel settore delle...

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«'Sto coronavirus è proprio un buon affare» dice al telefono, intercettato, un pregiudicato napoletano il cui clan si era intrufolato nel settore delle sanificazioni. Parole che, meglio di tante altre, danno il senso dell'allarme lanciato ieri da Libera sull'impatto, ormai più che scontato, delle mafie sulla pandemia.

Centomila imprese a rischio liquidità per via del Covid, con l'incubo di finire in mano agli strozzini e comunque alla criminalità organizzata per poter sopravvivere, dice l'Associazione guidata da Don Ciotti. Che parla di Tempesta perfetta e riprende con acume i dati più recenti di Bankitalia, in collaborazione con lavialibera. Non è il primo allarme e probabilmente non sarà l'ultimo. Solo poche settimane fa era stata Confcommercio a parlare di un pericolo molto elevato al Sud dove nel mirino degli usurai ci sarebbero già circa 40mila imprese del comparto turistico-ricettivo, fiaccate da una perdita del volume di affari pari al 37,5%. A pesare, secondo l'analisi dell'Ufficio studi dell'organizzazione, la mancanza di liquidità e le difficoltà di accesso al credito per il 36,9% dei casi, mentre per un altro 13,5% i problemi sono nati per l'adeguamento alle norme sanitarie e un altro 12% per gli adempimenti burocratici. La somma di queste difficoltà ha reso il sistema imprenditoriale sempre più fragile tanto che negli ultimi sei mesi, rileva il Rapporto, è aumentato il numero di chi ha chiesto un prestito a soggetti fuori dai canali ufficiali (14% contro 10%). 

Libera va ancora più in profondità sottolineando un dato che forse sfugge a molti, l'aumento cioè delle società che si occupano di prestiti personali al di fuori del sistema bancario e delle agenzie di prestito su pegno. Un fenomeno che, spiega l'Associazione guidata da don Ciotti, si sta diffondendo soprattutto nel Mezzogiorno. Sono cresciute nonostante il calo complessivo di ben 55mila nuove imprese nei primi dieci mesi del 2020 rispetto all'analogo periodo del 2019. E gli incrementi maggiori interessano il Sud: +29% in Campania, +18% in Puglia, +17% in Calabria, +6% in Sicilia. Tutte società, ben inteso, regolarmente iscritte alle Camere di Commercio.

Libera (e non solo) ricorda che si tratta di «settori in cui potrebbero insinuarsi attività illegali» e non a caso evidenzia che in concomitanza con la pandemia sono aumentate le interdittive antimafia, quasi sei al giorno ormai, per un totale di 1.637 finora, più 6,2% rispetto al 2019. L'incremento poi dei crimini informatici, dalle frodi al furto di credenziali, e la scoperta di società costituite ad hoc per importare mascherine e dispositivi sanitari, confermano che l'allarme è più che mai fondato: sono già 23 le indagini coordinate dalle Direzioni distrettuali antimafia su tutto il territorio nazionale. Del resto, la sola usura resta un'attività esercitata da ben 54 clan mafiosi negli ultimi dieci anni.

Peraltro, il lavoro di Libera (la prefazione al testo è di Papa Francesco) rafforza una volta di più la sensazione che gli aiuti di Stato previsti per le pmi e le partite Iva, a partire dai prestiti garantiti al 100 per 100 fino a 30mila euro, abbiano raggiunto solo una parte delle imprese e dei lavoratori autonomi del Paese. Tra quanti non se la sono sentita di accollarsi un ulteriore debito non sapendo come restituirlo e quanti non aveva diritto al prestito perché le loro attività sono in nero, la platea degli invisibili è molto ampia, soprattutto al Sud. 

Non a caso la Fondazione con il Sud presieduta da Carlo Borgomeo ha appena avviato un progetto per estendere il sistema di micro-credito già attivo nell'area urbana di Napoli (aiuti con piccoli prestiti da mille a diecimila euro a famiglie e pmi non bancabili) anche al resto del territorio campano nonché a Puglia e Calabria. «Puntiamo ad erogare circa 350 micro-prestiti per un valore complessivo di un milione di euro ad un tasso agevolato e della durata non superiore ai 60 mesi» dicono alla Fondazione, a riprova di quanto sia necessaria la rete della solidarietà per salvare letteralmente chi è sottoposto al racket o rischia di finirci dentro.

Nell'ultimo rapporto del Commissario straordinario del governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, si legge che Campania e Veneto sono le regioni da cui, dall'inizio dell'anno, sono venute le maggiori richieste di aiuto da parte di vittime degli usurai: una trentina per ognuna delle due regioni. Poche, certo, rispetto alla reale, presumibile entità del fenomeno, ma in realtà il numero non è sorprendente: nel 2020 le istanze presentate al Fondo antiusura sono state finora appena 183 rispetto alle 353 dell'intero 2019 e alle 568 del 2018. E lo stesso vale per le estorsioni: le istanze 2020 sono state per ora 208, erano arrivate a 340 dodici mesi prima.

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Il Mattino