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Uccisa sotto casa, con almeno 17 coltellate, da un fratello che da mesi chiedeva soldi perché non trovava lavoro. È morta così Alice Scagni, 34 anni e madre di un bimbo di appena 14 mesi. Straziata da quel fratello, Alberto, che aveva sempre aiutato e sostenuto. La tragedia, frutto di una escalation di rapporti tesi, si è consumata la sera del primo maggio a Quinto, quartiere residenziale sul mare di Genova.
Alice Scagni, l'omicidio sotto casa
Alberto, 42 anni, domenica sera si è presentato sotto casa della sorella. Ha aspettato per ore in strada e quando lei è scesa con il suo cagnolino le ha urlato chiedendole soldi. I vicini e anche il marito si sono affacciati sentendo le grida e qualcuno è sceso in strada. Non in tempo però per fermare lo strazio a cui hanno assistito. Alice è rimasta a terra mentre il fratello, con il coltello ancora in mano e i vestiti sporchi di sangue si è allontanato verso il lungomare dove poi gli agenti delle volanti lo hanno trovato.
Rapporti tesi
Negli ultimi mesi, è emerso leggendo i suoi post sui social, stava covando un odio nei confronti della sua famiglia per quell'aiuto economico negato ma anche una forma di mania persecutoria, forse legata all'uso di alcol e droghe leggere: era convinto che qualcuno lo spiasse, tanto che aveva anche fatto bonificare più volte il suo appartamento nella periferia genovese, a Sampierdarena, da eventuali microspie. Un paio di giorni fa aveva pubblicato una sua foto con alle spalle una mazza da baseball e un coltello, con ogni probabilità quello usato per l'omicidio. E ancora, alcuni giorni prima di uccidere la sorella, Scagni avrebbe provato a bruciare la porta di casa della nonna. L'anziana abita nello stesso palazzo del nipote e sarebbe stata lei stessa a indirizzare gli agenti verso il nipote. «Mi aveva chiesto soldi, ma non glieli avevo dati», ha raccontato agli inquirenti.
Le denunce
I problemi in quel condominio Scagni li aveva con quasi tutti i vicini. Aveva iniziato a fare piccoli dispetti: incastrava gli stuzzicadenti nel citofono per farlo suonare, faceva rumori in piena notte, accusava i condomini di cose che non avevano mai fatto. Tutti episodi segnalati alle forze dell'ordine. Ma Scagni aveva un solo precedente per guida in stato di ebbrezza: un episodio per cui era stato condannato e per il quale aveva svolto i servizi socialmente utili. Da gennaio aveva iniziato a pressare sempre di più la sorella mandandole continui messaggi su Facebook e sui social. Nei prossimi giorni il pubblico ministero chiederà la convalida dell'arresto. E forse Alberto spiegherà perché si è trasformato in Caino.
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