Weber, Barnier e Merkel: ecco i tre big in corsa per le poltrone d'Europa

Weber, Barnier e Merkel: ecco i tre big in corsa per le poltrone d'Europa
Il grande Risiko delle poltrone europee comincerà ufficialmente martedì. Nel day after elettorale i leader dell'Unione, risultati alla mano, cominceranno a...

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Il grande Risiko delle poltrone europee comincerà ufficialmente martedì. Nel day after elettorale i leader dell'Unione, risultati alla mano, cominceranno a studiare a Bruxelles equilibri, equilibrismi e alleanze per dare volti e nomi al vertice continentale che sarà incaricato di guidare la (perigliosa) rinascita europea.


Mettere insieme i tasselli del puzzle delle nomine non è facile. Pesano gli intrecci di nazionalità, di appartenenza politica, di area geografica e di genere. In più l'obiettivo è ambizioso: pur in costanza della Brexit, Angela Merkel ed Emmanuel Macron vogliono varare il pacchetto completo al Consiglio europeo del 20 e 21 giugno. E poco importa se poi la nuova Commissione diventerà operativa in ritardo, causa Brexit.
 
Il primo passo sarà la scelta del presidente dell'Europarlamento (l'elezione avviene a inizio luglio). Antonio Tajani, l'uscente, è candidato di default. Ma le sue sorti sono legate alla performance di Forza Italia. E' così più probabile se, come dicono i primi exit poll olandesi e irlandesi, i popolari (Ppe), i socialisti (Pse) e i liberali (Alde) dovessero ottenere la maggioranza, che la scelta cada su Manfred Weber.

Il rappresentante tedesco in realtà sarebbe lo spitzenkandidat del Ppe alla guida della Commissione. Ma Macron ha già bocciato questa formula, con l'obiettivo di piazzare alla guida del nuovo governo europeo il suo Michel Barnier. Il capo negoziatore della Brexit, a dispetto di Weber che non ha mai avuto incarichi di governo, ha un curriculum di peso: ha condotto con abilità il negoziato con Londra, è stato ministro degli Esteri e anche commissario europeo. E dunque viene considerato il favorito.

In base ai giochi d'incastro, in questa partita a Risiko, con un tedesco all'Europarlamento e un francese alla guida della Commissione, la presidenza del Consiglio europeo (ora c'è il polacco Donald Tusk) dovrebbe toccare a un Paese terzo. Il nome più gettonato è quello della presidente lituana Dalia Grybauskaité che ha dalla sua di essere del Nord, donna, e di godere di un gradimento bipartisan, oltre al fatto di essere stata commissaria europea. Con meno chance gli altri due candidati: il greco Alexis Tsipras, inviso ai Paesi nordici, e l'olandese Mark Rutte sgradito al fronte mediterraneo (Italia in testa). Non manca un ousider di grande effetto: Angela Merkel. La Cancelliera ha sempre negato, ma c'è chi a Bruxelles considera questa ipotesi «concreta» per «la rinascita dell'Unione».

Suggestioni a parte, anche la presidenza della Banca centrale europea (Mario Draghi scade in autunno) andrà a un Paese del Nord. E se la Commissione sarà appannaggio della Francia con Barnier, il nome più probabile per l'Eurotower è quello di Jens Weidmann. Il tedesco è però un falco, uno che ha sempre criticato le politiche di Draghi ed è sgradito ai Paesi del Sud e siccome Berlino già controlla il Fondo di salvataggio Esm, la Banca europea per gli investimenti, il Single Resolution Board, non è escluso che faccia spazio al finlandese Erkki Liikanen. E se poi il capo della commissione non fosse Barnier, alla Bce si aprirebbero le porte per Francois Villeroy, il governatore della banca centrale francese.


C'è infine il capitolo-Italia. Con i sovranisti e populisti dati in difficoltà, anche se la Lega dovesse fare un exploit difficilmente Roma otterrà più di un commissario. Il portafogli più gradito è quello agli Affari economici, ma visti i sospetti dei partner europei, è più facile che all'Italia venga data una delega all'Industria, o alla Concorrenza, o al Commercio. Salvini, in qualche comizio, ha chiesto l'Immigrazione. E non è escluso che finisca così. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino