Caos sugli impresentabili in arrivo altri 10 campani

Rosi Bindi, presidente della Commissione parlamentare Antimafia
La paura per queste elezioni regionali è rappresentata dall’astensionismo. E il pasticcio sugli impresentabili in commissione anti-mafia, tra fughe di notizie, ritardi,...

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La paura per queste elezioni regionali è rappresentata dall’astensionismo. E il pasticcio sugli impresentabili in commissione anti-mafia, tra fughe di notizie, ritardi, difficoltà di scoprire le pendenze penali dei candidati da black list e scaricabarile, rischia di dare spinta al non voto. Domani l’elenco, con non più di quindici persone segnalate, i primi quattro nomi (pugliesi) sono già noti e gli altri saranno campani, verrà reso pubblico. La presidente Rosi Bindi leggerà la lista. Ma ancora gli accertamenti sono in corso, non si riesce a capire bene chi deve entrare nella bad company e chi no, con le prefetture c’è difficoltà di collegamento, e non soltanto i grillini ma anche il Pd è massimamente contrariato per ciò che sta accadendo.




LA SCOTTATURA

Matteo Renzi è scottato dal vedersi descritto così addirittura sul Financial Times: «A Napoli il premier e segretario del Pd non conta nulla, e De Luca rappresenta il vecchio sistema». E soprattutto non digerisce che la politica italiana, di cui lui è il massimo rappresentante, stia dando l’impressione di sottovalutare l’aspetto di moralità e trasparenza connesso alle candidature. «La commissione anti-mafia doveva essere più rapida e più chiara», si lamentano i renziani. E da Palazzo Chigi si vuole chiudere in fretta questo capitolo, anche perchè manca pochissimo all’apertura delle cabine elettorali. Un sottosegretario - Umberto Del Basso De Caro - giudica «tardiva» l’attività della commissione e dall’interno della maggioranza Scelta Civica va all’attacco con parole molto dure, quelle del segretario Enrico Zanetti: «È francamente impresentabile il modo in cui la commissione antimafia sta gestendo la questione degli impresentabili».



CONTRO I CRITICI

Ma l’anti-mafia, con una nota rivolta a tutti i suoi critici, replica: «La verifica è complessa e stiamo lavorando con scrupolo». Ovvero, si fa notare che i tempi di accertamento delle pendenze dei singoli sono complicati, anche perchè non esiste un casellario nazionale dei carichi pendenti, e bisogna chiedere informazioni procura per procura. Non ci si poteva pensare prima? Su cinquemila candidati, in tutte le regioni, i quindici brutti sporchi e cattivi a 48 ore dal voto dovrebbero essere identificati. «Stiamo facendo un esame molto ampio, tanti dati ancora ci mancano e la possibilità di errore è altissima», dice uno dei vicepresidenti dell’anti-mafia, il socialista Enrico Buemi. E dunque, aggiunge: «Io getto la spugna». E’ una materia molto complessa e anche piena di stranezze: perchè, ad esempio, il peculato non rientra nei reati di impresentabilità? Se vi rientrasse, non quindici ma centinaia sarebbero i politici da black list.



LA LAVAGNA

Quelli già finiti dietro alla lavagna, i pugliesi, negano le accuse e reagiscono: «Siamo innocenti». Eppure si tratta di personaggi come Giovanni Copertino (Forza Italia), indagato per corruzione dalla procura di Bari, reato dichiarato prescritto in primo grado, ma ora in attesa di appello. O Fabio Ladisa, nella lista Popolari con Emiliano, rinviato a giudizio per furto aggravato, tentata estorsione e truffa. E via così. E i campani che stanno per entrare in lista? Al vaglio ci sono storie come quella di Tommaso Barbato, ex mastelliano ora con De Luca, che sarebbe indagato per voto di scambio. O nomi come Antonio Amente, ex sindaco di Melito, comparso in un’indagine scaturita dalla confessione di alcuni pentiti. O ancora: Enricomaria Natale (in corsa per Campania in rete con De Luca), che appartiene a una famiglia di Casal di Principe accusata di essere coinvolta nelle vicende del clan Schiavone. Altri nomi sono al vaglio dei commissari, mentre il candidato governatore De Luca in Campania continua a prenderla alla leggera: «L’unico condannato nelle liste sono io».


Ma la polemica continua a crescere. Anche Ncd, il partito alfaneo, polemizza con la commissione anti-mafia: «I dati dovevano essere diffusi una settimana dopo la presentazione delle liste». La commissione insiste nella propria autodifesa: «La verifica avviata presuppone l'applicazione della Legge Severino e la corretta verifica dei requisiti di candidabilità che sono compito degli uffici elettorali. Non poteva iniziare prima che fossero completati tutti gli adempimenti previsti dalla legge in merito alle candidature». Domani, i nomi da cartellino rosso si sapranno. Ma tutto, a cominciare dalle liste, poteva essere fatto molto meglio.



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Il Mattino