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Il binomio tra i leader e le spiagge è sempre stato accattivante. Indimenticabili le foto di De Mita che sul bagnasciuga di Golfo della Marinella in Sardegna (30 anni fa) arringa con la passione della sua oratoria una piccola folla di villeggianti in costume come lui. O le nuotate di Craxi alla Mao Tse-tung, prima di avvolgersi in un pareo tunisino ad Hammamet. O Moro che sulla sabbia di Terracina andava vestito in doppiopetto. O Nenni che passeggiava sul lido formiano di Vindicio e poi invitava gli amici a giocare a bocce nella sua villetta. E Bossi in canotta in Costa Smeralda nel ‘94 («Io ci vengo da operaio con l’abbronzatura da operaio, Berlusconi ci viene nel suo villone e ogni tanto mi fa entrare come si fa con i poveri nel giardino reale»). E ancora: Togliatti in barca a Capri con Nilde Iotti, De Gasperi vestito da alpino nelle sue montagne trentine, Berlinguer e famiglia sotto l’ombrellone in Sardegna e via così scendendo scendendo, fino a Gallipoli con D’Alema e Buttiglione che mangiano sardine o ecco il Cadore. Lì dove Calderoli, Nania, Pastore e D’Onofrio, i 4 saggi della Casa della Libertà, nella baita di Lorenzago si facevano fotografare con le salsicce e il vin brulé mentre riscrivevano la Costituzione repubblicana sotto il sole d’agosto. Insomma, il binomio politici-estate è sempre stato più o meno vacanziero (al netto di sbandate come quella del Papeete dove Salvini sta per tornare: meno topless e meno mojito, please) e mai stato all’insegna di una campagna elettorale per le politiche in corso.
Perché a settembre nella storia repubblicana non s’è votato mai. Adesso sarà la prima volta: il 25. Soltanto nel 1919 si votò in autunno, il 16 novembre, e fu la prima elezione italiana con il sistema proporzionale. Stavolta, non abbiamo il proporzionale per un soffio ma il Rosatellum nella campagna elettorale d’estate sarà inteso come un proporzionale assoluto: ogni partito giocherà per se. E subito Berlusconi sta facendo arrivare alla Meloni questo messaggio: «Giorgia, non sarai l’unica star. Io mi impegnerò al massimo in campagna elettorale, sono disposto ad andare pure sulle spiagge». Da dove non si schioderà, tra Milano Marittima e tutto gli altri litorali della Penisola, Matteo Salvini, il quale sarà applaudito magari dai balneari di cui s’è fatto paladino contro Draghi ma, occhio caro Matteo - gli dicono i leghisti laziali - ad evitare il lido La Lucciola di Lavino perché è quello dove andrà ad abbronzarsi Draghi che ha casa da quelle parti e non sarà contento di vederlo.
I grillini sono in parte ringalluzziti: «Con Dibba in campo, anzi in spiaggia, faremo faville».
Ieri nel cortile di Montecitorio questa scenetta. Tanti stellati e dimaiani, divisi ormai su tutto tranne che sul terrore di restare senza seggio, incrociano il dem Ceccanti - super-professore esperto di flussi e di collegi - e lo implorano: «Ti prego, dimmi qual è il seggio sicuro e chi me lo può assicurare... ». Grillo ha appena detto che non ci sarà il terzo mandato ma tutti dovranno partecipare alla campagna elettorale e si moltiplicano le proteste degli uscenti del tipo: «Io dovrei sbattermi per i mari e per i monti a fare propaganda ma non per me? Non esiste proprio....».
Altra novità: sarà la campagna elettorale più breve di sempre. Mai ce n’è stata una durata meno di due mesi. «Perciò - ha avvertito Giorgia Meloni tutti i suoi - vi voglio abili e arruolati in continuazione. La villeggiatura? La faremo l’anno prossimo». Le feste di partito saranno ancora più importanti del solito. A Palermo la festa nazionale dell’Unità sarà il super-palco del format lettiano: quello di un partito che vuole arrivare al 30 per cento (Berlusconi si accontenta di passare dal 10 al 20 e Salvini non vuole dissanguarsi troppo in favore di Giorgia e la tampinerà in cielo, in terra e per mare). Niente Atreju a settembre per FdI proprio perché «staremo tutti in campagna elettorale», dicono nella sede di via della Scrofa, ma si punterà ad Atreju a Natale (come prima kermesse con Giorgia premier, se lo sarà) e intanto le «feste patriottiche» in cui la cifra della campagna meloniana verrà fuori così: ma quali populisti, siamo pieni di idee costruttive e di programmi e dotati di una classe dirigente all’altezza di governare. Che sarà quanto il Pd si affannerà a negare. Il progetto lettiano è questo: raccogliere tutti i draghiani d’Italia (scaricati i grillini, si mira a convogliare nel «mare aperto» Renzi, Calenda e i centristi) e scatenare una campagna aggressiva incentrata sul «draghicidio» e sul pericolo nero: l’amica Giorgia, con cui Letta va personalmente d’accordissimo e hanno fatto tandem modello Sandra e Raimondo negli ultimi due anni, ridiventerà la Ducetta o la Duciona. Ma occhio: la demonizzazione dell’avversario ha sempre portato sfortuna alla sinistra. Dall’altra parte, Berlusconi sta già al lavoro a un programma-manifesto in 20 punti (flat tax e via dicendo) che dovrà avere in calce le firme sue, di Meloni e di Salvini (gli piacerebbe uno show televisivo dove siglarlo, sull’esempio del Contratto con gli italiani inscenato da Vespa) e tutti e tre finalmente insieme lo dovrebbero presentare in tour lungo l’Italia infuocata più per il caldo atmosferico che per la bruciante passione politica dei cittadini che è la vera incognita di questa campagna d’estate. Il rischio è, appunto, che questa stagione elettorale fuori stagione finisca per allontanare ancora di più gli italiani dalla politica e per aumentare la loro voglia di essere lasciati in pace ad abbronzarsi e a giocare a racchettoni.
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