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Piazza Meloni batte piazza Letta, ma di poco. Non c'è il pienone alla manifestazione di fine campagna elettorale del Pd, anche quella sempre a Piazza del Popolo dell'altroieri con la destra non era stracolma, e però in questa corsa al ribasso tra i due eventi quello della sinistra ne esce numericamente peggio. E un senso di malinconia e di sconfittismo sembra attraversare questa gente che applaude un po' Letta ma applaude ancora di più i governatori del Pd e soprattutto incorona - nel congresso già in corso tra i dem di cui questa piazza ne è forse la prima tappa - quella che andrà a succedergli, o lei o Bonaccini o magari Orlando, e cioè l'enfant prodige del nuovo progressismo tutto diritti e alternativismo: Elly Schlein. Ovazione per Elly, vicepresidente della Regione emiliana, molto sinistrese e portata al dialogo con i 5 stelle, e grida in slang da sotto il palco («Te voto 10 volte!» o «Te voglio segretariaaaaa») quando si descrive come la più perfetta anti-Meloni: «Sono una donna, amo un'altra donna, non sono madre, ma non sono meno donna per questo».
Letta li ha voluti tutti intorno a se i maggiorenti del partito, compresi i ministri, non tanto perché devono fargli da coro ma perché devono mettere la faccia sull'esito elettorale in modo che non si dica, se dovesse andare male, che loro non c'entrano. In generale è un'atmosfera di svogliatezza, anche quando si canta Bella Ciao, che pervade la scena. Il discorso di Franceschini dura un attimo. Quelli degli altri non scatenano passioni divoranti.
Questa piazza dem è divisa in due e non solo da tutte le transenne che lo rimpiccioliscono e che devono dimostrare che il luogo è più affollato di quanto lo sia davvero.
Intanto, il palco dem - ritinto di rosso - è lo stesso che era stato utilizzato a Pontida domenica scrosa e l'altroieri alla manifestazione della Meloni e compagnia. In questo senso, c'è continuità tra destra e sinistra. Ma per i lettiani la musica è un problema. No grazie, hanno risposto Ghali, Mahmood e Diodato all'invito a esibirsi per il Pd, mentre un tempo gli artisti facevano a gara a sponsorizzare la sinistra e a esserne sponsorizzati. E così, a tirare su il morale della piazza ci hanno pensato gli Spaghetti band nello sconcerto di chi era abituato a De Gregori: «Ma che siamo finiti in una sagra de' paese?». No, è il principale appuntamento politico di un partitone. Poi cala la sera, e vanno tutti via - passando sotto Porta del Popolo - non con gli «occhi della tigre» consigliati da Letta ma con gli occhi bassi.
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