L'Italia deve rivedere la legge che regola il carcere a vita, perché viola il diritto del condannato a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti....
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La decisione sull'Italia della Corte di Strasburgo si basa sul fatto che chi è condannato al carcere a vita (ergastolo ostativo) non può ottenere, come gli altri carcerati, alcun beneficio - come per esempio i permessi d'uscita, o la riduzione della pena - a meno che non collabori con la giustizia. Nella sentenza i giudici di Strasburgo evidenziano che «la mancanza di collaborazione è equiparata a una presunzione irrefutabile di pericolosità per la società» e questo principio fa si che i tribunali nazionali non prendano in considerazione o rifiutino le richieste dei condannati all' ergastolo ostativo.
La Corte osserva che se «la collaborazione con la giustizia può offrire ai condannati all' ergastolo ostativo una strada per ottenere questi benefici», questa «strada» è però troppo stretta. Nella sentenza si osserva che la scelta di collaborare non è sempre «libera», per esempio perché alcuni condannati hanno paura che questo metta in pericolo i loro familiari, e che «non si può presumere che ogni collaborazione con la giustizia implichi un vero pentimento e sia accompagnata dalla decisione di tagliare ogni legame con le associazioni per delinquere». Strasburgo non nega la gravità dei reati commessi da Marcello Viola, ma critica che l'uomo, non avendo collaborato con la giustizia, si sia visto rifiutare le richieste di uscita dal carcere, nonostante i rapporti indicassero la sua buona condotta ed un cambiamento positivo della sua personalità. Nella sentenza si afferma che privare un condannato di qualsiasi possibilità di riabilitazione e quindi della speranza di poter un giorno uscire dal carcere viola il principio base su cui si fonda la convenzione europea dei diritti umani, il rispetto della dignità umana.
«Sull' ergastolo ostativo la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, nel caso Viola, ha preso una decisione di grande rilievo stabilendo che la dignità umana viene prima, sempre». A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente dell'Associazione Antigone. «La dignità umana è un bene che non si perde mai - prosegue -. La Corte ribadisce un principio che i più grandi giuristi italiani avevano già espresso, ossia che sono inaccettabili gli automatismi (assenza di collaborazione) che precludono l'accesso ai benefici. Una persona che dia prova di partecipazione all'opera di risocializzazione deve avere sempre una prospettiva possibile di libertà. Ci auguriamo - conclude il presidente di Antigone - che il legislatore tenga conto di questa sentenza modificando le norme penitenziarie e i suoi inaccettabili automatismi».
«Un pronunciamento storico», commenta Nessuno tocchi Caino, l'associazione da anni impegnata con il Partito Radicale per l'abolizione dell' ergastolo ostativo. «La Corte ha infatti affermato che l' ergastolo ostativo è contrario all'articolo 3 della Convenzione europea per i diritti umani che vieta i trattamenti e le punizioni inumane e degradanti - sottolinea Nessuno tocchi Caino - Secondo la Corte infatti, l' ergastolo ostativo è una forma di punizione perpetua incomprimibile. Con questa sentenza la Cedu svuota l'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario, che prevede uno sbarramento automatico ai benefici penitenziari, alle misure alternative al carcere e alla liberazione condizionale in assenza di collaborazione con la giustizia».
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Il Mattino