«Ho parlato con Angela quindici minuti prima dell'esplosione, mi aveva raccontato la sua storia e avevamo conversato durante la colazione». Claudio Pappaianni,...
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Cosa stava facendo al momento dell'esplosione?
«Ero in stanza, mi stavo preparando per andare in strada e documentare la giornata di protesta come stiamo facendo già da due giorni. C'è stato un enorme scoppio che ha ridotto in frantumi le finestre e buttato giù le porte, per fortuna le schegge non mi hanno colpito. Sono riuscito con fatica ad affacciarmi e ho visto fiamme, auto ribaltate e sentito tante urla».
Ha pensato a un attentato?
«Il primo pensiero è stato quello anche perché girando per Parigi in questi giorni si respira un'aria di tensione. Dopodiché subito ci hanno chiesto di uscire dall'hotel. Ho raccolto in fretta e furia le mie cose e sono andato nella hall».
Anche lì scene indescrivibili...
«C'era confusione, pensavo di poter uscire dalla porta principale che invece era chiusa, così sono passato dalla stanza dove avevo fatto colazione pochi minuti prima e sono uscito. Mi vengono i brividi a ripensare che in quella sala è rimasta ferita Angela, proprio dove ero io fino a poco prima».
Cosa ha avvertito una volta in strada?
«Non ho sentito puzza di gas sia prima, durante che dopo l'esplosione. La scena era terribile, ma inizialmente più che al sottoscritto, ho pensato a Valerio Orsolini, il mio collega che è stato colpito da alcune schegge, per fortuna ora sta bene».
È scampato per una questione di minuti.
«Ci sto riflettendo ora perché bastava mi fossi trattenuto solo un po' di più per fare colazione e avrei messo a rischio la mia vita. Ma in realtà sarei potuto trovarmi anche nella boulangerie dove è avvenuta l'esplosione».
Cioè?
«Con il collega c'eravamo stati il giorno prima e ci erano piaciuti moltissimo i loro dolci. Così avevamo pensato di andarci poco prima dell'esplosione, ma il locale era chiuso per fortuna. Bastavano pochi attimi, pochi metri e non avrei potuto raccontare questa terribile esperienza».
Lei fa il giornalista e, a volte, il nostro mestiere può portare qualche pericolo. È la prima volta che si è trovato in una situazione simile?
«Purtroppo no, ma era una circostanza diversa. Nel 1998, quando la camorra fece esplodere un'autobomba alla Sanità, in via Cristallini a Napoli, abitavo a poche centinaia di metri da lì. Allora, da cronista, mi precipitai per andare a vedere cosa fosse accaduto, ma lo feci da professionista dell'informazione. Qui la situazione è stata differente perché, nonostante anche oggi abbia fatto qualche diretta televisiva, la sensazione di essere stato vicinissimo nel mettere a repentaglio la mia vita è stata netta. Stavolta è stata un po' più dura del solito, ma la passione ti porta a superare ogni difficoltà».
Tutto bene ora?
«Oggi lascio il pronto soccorso. Parlando con mia moglie, le ho detto che da quest'anno dovremo festeggiare due volte il mio compleanno». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino