«Non rinnego il mio affetto per Fabrizio, sono delusa, ho rotto i rapporti con lui dopo la perquisizione in cui vennero trovati i contanti e perché non ero stata...
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Darù, che ha lavorato per Atena (la società riconducibile a Corona) da febbraio 2016 a settembre scorso, era presente in casa di Francesca Persi il 7 settembre quando gli investigatori trovarono circa 1,7 milioni di euro nascosti in un controsoffitto. E poi ha reso tre verbali a fine settembre nei quali ha raccontato, tra le altre cose, quando vide dentro il borsone che doveva custodire «20/30 buste bianche». Buste - una anche con la scritta 'Fabrì (come mostrato oggi in aula alla teste) - con dentro contanti che Persi avrebbe poi portato in Austria, in una banca di Innsbruck. Lo stesso ex 're dei paparazzì, anche nelle dichiarazioni spontanee nella scorsa udienza, ha detto di aver preso a un certo punto la decisione di far spostare i soldi dalle cassette di sicurezza in Italia a quelle in Austria «a seguito dell'aggressione che ho subito da Giuseppe Sculli e dell'articolo che uscì sul Fatto Quotidiano e che indicava Persi come la mia 'cassafortè». Darù, inoltre, aveva messo a verbale in fase di indagini di avere «timore di Corona (...) la cosa che mi preoccupa maggiormente (...) è il fatto che Corona ha più volte chiesto loro (a persone che lavorano per lui, ndr) se io sono ancora a Milano e dove dormo».
Oggi, rispondendo alle domande del pm e dei legali Ivano Chiesa e Luca Sirotti, ha precisato: «Fabrizio non mi ha mai minacciato, non è mai stato aggressivo, certamente non mi cercava per dirmi 'ciao come stai?' ma neanche per ammazzarmi, lei e Francesca mi cercavano di sicuro per indirizzarmi a dire o non dire certe cose».
Il Mattino