Fase 2, tregua governo-Regioni. Ma il comitato tecnico: lasciate troppe libertà

Fase 2, tregua governo-Regioni. Ma il comitato tecnico: lasciate troppe libertà
Dopo la lunga guerra, chiusa domenica pomeriggio con il varo del Dpcm per la seconda fase di allentamento del lockdown, il governo si tiene stretta la tregua. Niente disegno di...

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Dopo la lunga guerra, chiusa domenica pomeriggio con il varo del Dpcm per la seconda fase di allentamento del lockdown, il governo si tiene stretta la tregua. Niente disegno di legge costituzionale per inserire la clausola di supremazia dello Stato sulle Regioni o altri giri di vite. E stop alle polemiche. Anzi, giovedì il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, tornerà a riunire i governatori «per decidere assieme l'azzeramento delle procedure amministrative che frenano l'attività dei settori produttivi già duramente colpiti dalla pandemia». Però il Comitato tecnico scientifico è in allarme: «Le linee guida regionali lasciano troppo margine di scelta agli imprenditori, i governatori dovranno interpretarle in modo restrittivo per evitare un riesplodere dell'epidemia», dice uno dei componenti. 


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Giuseppe Conte l'altro giorno era stato severo con le Regioni. Aveva parlato di «difficoltà nel rapporto» con i governatori» e aveva evocato la possibilità di «rivedere l'assetto Stato-Regioni». Ma a palazzo Chigi non hanno alcuna intenzione di riaprire le ostilità: «Il presidente del Consiglio ha solo risposto a una domanda a consuntivo di mesi di rapporti non sempre facili», dicono nell'entourage di Conte, «non c'è però alcuna esigenza di varare ora un disegno di legge costituzionale, non è tra le priorità. Le tensioni sono ormai superate e a ben guardare si è trattato di problemi più tra Regioni che tra Regioni e governo. De Luca ha detto che l'esecutivo non può scaricare la responsabilità delle riaperture sulle Regioni, in realtà sono state proprio le Regioni a chiedere di stabilire loro le linee guida», scavalcando quelle dell'Inail. Insomma, secondo palazzo Chigi, «c'è stata un po' di confusione e anche legittime paure, come quella della Lombardia che temeva di restare indietro». 
 
Sulla stessa linea Boccia: «Parlare di scontro è improprio. Nel Dpcm domenica notte era sparito il riferimento alle linee guida regionali, ma io e il premier quando l'abbiamo scoperto l'abbiamo reinserito. Ora guardiamo avanti: giovedì con i governatori parleremo di come azzerare le procedure amministrative per sostenere gli imprenditori in questa difficile fase. Ad esempio un bar o un ristorante che vogliono utilizzare gli spazi esterni per mettere i tavolini potrà farlo inviando una semplice Pec all'amministrazione di competenza, saltando ben otto passaggi. Poi saranno gli uffici comunali a fare le dovute verifiche».
 
Però il clima resta teso. Oltre alla Campania, anche il Molise non ha aderito al Dpcm del governo. Così il ministro ai rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, parla di «protagonismo di troppo di alcune Regioni». E chiede ai governatori «di far rispettare le regole che ci siamo dati per non cadere in un secondo lockdown, che sarebbe davvero terribile sotto il profilo economico e sociale del Paese». Sulla stessa linea, si diceva, il Comitato tecnico scientifico: «Le previsioni contenute nelle linee guida regionali, come ad esempio la misurazione della temperatura all'ingresso di ristoranti, palestre etc è facoltativa. E questo non va bene», dice uno dei componenti del Cts, «c'è troppa facoltatività e poca coercizione e ciò può provocare un ritorno dei contagi e a chiusure differenziate per territorio. C'è un solo modo per evitare questo epilogo: i governatori applichino le norme in modo restrittivo». 
 

C'è poi il nodo dello scudo penale per gli imprenditori, dopo che l'Inail ha detto che il contagio da Covid-19 è da assimilare a un infortunio sul lavoro. Il governo però non ha intenzione di intervenire. «Questa storia della responsabilità penale è una sciocchezza detta da alcuni governatori», dice una fonte governativa vicina al dossier, «se c'è un contagio l'azienda non ha alcuna responsabilità se ha rispettato i protocolli di sicurezza. Diversa la situazione se in un'impresa esplode un focolaio infettivo con decine di contagiati: vorrebbe dire che i protocolli non sono stati rispettati e in quel caso scatta l'inchiesta». In estrema sintesi: «Non è mancanza di buona volontà o di attenzione verso le imprese», aggiunge un ministro, «ma se non c'è responsabilità penale, non si può neppure fare una legge per introdurre uno scudo penale. E questo anche con tutta la buona volontà del mondo».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino