Il primo impegno: rivedere gli extracosti. E cioè la quota di finanziamenti che il governo dà a Roma in virtù della sua funzione di Capitale, dunque sede...
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IL DISCORSO
Come un elastico, la questione romana - scomparsa nel programma e riapparsa prepotente nelle parole del premier - torna d’attualità. E si intravede dunque un futuro roseo per l’Urbe. Dice infatti il premier nel suo discorso alla Camera: «È necessario rivedere il testo unico per gli enti locali, introducendo un’agenda urbana per lo sviluppo sostenibile delle città, delle città metropolitane, di Roma capitale, il cui Statuto dovrà essere profondamene riformato, perché sia più aderente al ruolo che la città riveste, anche in quanto sede delle massime istituzioni della Repubblica».
Dietro a queste parole si riannodano dunque i discorsi interrotti in maniera prematura ai tempi della maggioranza gialloverde. In ballo c’è la questione dei poteri, che la Capitale reclama. A partire da quelli per la gestione diretta dei trasporti, ma anche dei fondi europei. Il Comune grillino, d’altronde, sogna la linea D della metro. Raggi ascolta le parole del premier, che fu anche suo professore di diritto a un esame all’università, e gli scrive subito un messaggio: «Belle parole, impegno importante, i romani te ne saranno grati, vediamoci, sono a disposizione». C’è dunque un passaggio anche di interlocutore politico. Prima Raggi aveva Luigi Di Maio, come referente. Adesso c’è il premier Conte, direttamente. Un rapporto che compensa anche quello non proprio idialliaco tra la sindaca e il leader M5S. Ma questi sono particolari perché adesso si riaccende la partita Capitale.
La seconda sfida, molto più complessa, riguardo lo status della Capitale. Beppe Grillo da sempre ha un’idea: deve essere «città-Stato». A Palazzo Chigi e in Campidoglio puntano al modello Berlino: città-regione. La questione sta dentro il nuovo contratto dell’esecutivo giallo-rosso (seppur in una forma soft almeno a parole per non irritare il Nord) e tutto fa pensare che sia stata inserita dopo le rimostranze della stessa sindaca, che nei primi giorni della trattativa aveva rimarcato con forza l’assenza nel dibattito dell’impegno per la Capitale chiedendo di inserirlo.
Il nuovo clima porta ad alleanze che sembravano impensabili, una volta. E allora ecco il Pd che plaude a Conte: « Peccato che ad applaudire fossimo solo io e qualche sparuto collega romano del Pd. Questa cosa non va bene», dice la deputata dem Patrizia Prestipino che ha molto a cuore la pratica, così come Roberto Morassut e Claudio Mancini.
IL MODELLO
Resta da capire come sarà costruita l’architettura della riforma. Che la prima cittadina non vorrebbe ancorare ad una parte politica ma rendere il più condivisa possibile. Nei piani del Campidoglio (di cui Raggi e Conte hanno già avuto modo di parlare) a lavorare al progetto dovrebbe essere «un comitato di saggi» apartitico, tra costituzionalisti e amministrativisti. Un modo dunque per «unire» e non per dividere, volando alto. «Proprio adesso - ragionano nel Comune grillino - che finalmente non abbiamo più una certa zavorra anti-romana che era rappresentata dalla Lega». Basti pensare che nell’ultimo decreto crescita fu proprio Matteo Salvini a far aggiungere una norma salva-Comuni per equiparare gli aiuti alla Capitale a quelli degli altri centri. Ma è un paragone che non regge. E così si riparte - dal Conte bis - con una nuova attenzione. Il primo banco di prova in Finanziaria, tra pochi mesi. E il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri vuole partire dai fondamentali: aumentare gli extracosti. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino