OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Francesco Vitale “Ciccio barbuto”, il pierre barese di 44 anni sequestrato, picchiato e poi precipitato da una finestra di un palazzone popolare di via Pescaglia alla Magliana il 22 febbraio scorso, avrebbe tentato di dare la “sòla” ai potenti clan di San Basilio e per questo sarebbe stato punito. Ieri mattina i carabinieri del Nucleo Investigativo di via In Selci hanno effettuato delle perquisizioni nei lotti del quartiere, nei confronti di due nuovi indagati a piede libero, un cinquantenne e un quarantenne romani, entrambi pregiudicati, figure di rango nello scacchiere criminale di Roma est e non solo. I militari hanno sequestrato telefonini, pc e altri strumenti elettronici i cui contenuti potrebbero risultare utili per chiudere il cerchio nell’inchiesta sulla morte del 44enne, per la quale sono già stati arrestati Daniele Fabrizio detto “Saccottino”, Sergio Placidi, alias “Sergione” e la sua compagna Ilaria Valentinetti.
Vitale arrivato nella Capitale da Bari, avrebbe fatto tappa proprio in un appartamento di San Basilio prima di essere portato via dai suoi sequestratori e condotto alla Magliana.
Vitale era stato portato nell’abitazione di via Pescaglia da Placidi in compagnia del quale, durante il tragitto, venne fermato per un controllo dalla polizia decisamente attirata dalla sua vistosa scritta “Acab” tatuata sulla fronte. Circostanza che non scoraggiò “Sergione” dal mettere in atto il piano precostituito. Il pierre pugliese, al momento del ritrovamento del corpo senza vita, non venne immediatamente riconosciuto dagli inquirenti dal momento che non aveva documenti con sé.
SENZA PIETÀ
Alla compagna, chiamata al telefono, prima di morire aveva detto “Amore mio è tutto finito”. Fu dopo che a Bari il fratello di “barbuto” andò a denunciare la sua scomparsa che, nel giro di pochi giorni, si cominciò a fare luce sulla vicenda. Il primo a finire in manette era stato “Saccottino”, poi era stata la volta di Placidi che si era reso irreperibile, braccato sulla via Pontina dai militari che bloccarono il traffico dei pendolari per impedirne la fuga. Quindi, a luglio, le accuse anche alla Valentinetti che, intercettata al telefono, avrebbe palesato il suo coinvolgimento nel sequestro. Per chi “sgarra” a San Basilio non c’è pietà. Come dimostra la tremenda fine di Gabriele Di Ponto, il 36enne l’ultrà della Lazio, sequestrato, ucciso e fatto a pezzi, e di cui venne ritrovato solamente un piede sulle rive dell’Aniene nell’agosto del 2015. Per quella morte ci fu un sospettato, ma le indagini, senza riscontri, si arenarono. Vitale ha rischiato di fare la stessa fine.
Leggi l'articolo completo suIl Mattino