Fratelli uccisi ad Ardea: «Daniel e David Fusinato morti e dimenticati da un anno»

Fratelli uccisi ad Ardea: «Daniel e David Fusinato morti e dimenticati da un anno»
Un anno dopo ancora non ci sono le risposte a tutti gli interrogativi che arrovellano i familiari, e non solo, dei piccoli David e Daniel Fusinato, i fratellini di 5 e 10 anni,...

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Un anno dopo ancora non ci sono le risposte a tutti gli interrogativi che arrovellano i familiari, e non solo, dei piccoli David e Daniel Fusinato, i fratellini di 5 e 10 anni, volati in cielo per mano di un killer suicida nel comprensorio di Colle Romito ad Ardea. Per papà Domenico e mamma Carol non ci sono più gli zainetti da preparare per la scuola e l’asilo, la borsa per il calcio, le candeline da spegnere, tutti insieme felici, sulle torte di compleanno dei piccoli angeli che ora riposano al cimitero. Bambini innocenti uccisi la mattina del 13 giugno del 2021 dal 35enne Andrea Pignani, uscito improvvisamente dalla sua villetta vestito da combat, con il cappuccio della felpa calato sul volto e che non ha esitato a sparare loro (e a un anziano di 74 anni in bicicletta) mentre giocavano al parco. E lo ha fatto con la mira di un cecchino. 

Sono trascorsi dodici mesi di dolore e di inferno per i due genitori di Ostia assistiti dall’avvocato Diamante Ceci. E dopo tutti questi mesi, la famiglia ancora attende che quelle risposte arrivino. Perché se ci sono state omissioni, superficialità o mancanze, queste siano ravvisate e corrette, «perché – fanno sapere – non debba succedere ad altri». Da quel giorno, sulla terribile vicenda sembra calato un velo. «Siamo ancora in attesa – afferma il legale della famiglia - Del prosieguo delle indagini non abbiamo saputo più nulla. Ma confidiamo che presto questo velo sia tolto, che la giustizia faccia il suo corso». Tanti i punti oscuri.

«C’è da capire come sia maturata la foga omicida di quell’uomo – chiarisce il legale - che cosa abbia realmente armato la sua mano». Soprattutto, ci sono domande che assillano la famiglia come tarli: vi erano state o no delle avvisaglie? Poteva essere evitata questa strage? Pignani era assistito da qualche centro di cura sanitaria o dagli assistenti sociali? Qualcuno ha omesso di sorvegliare o di fare il proprio dovere? E quella pistola la poteva detenere oppure gli andava tolta prima che accadesse l’irreparabile? «Questi sono gli interrogativi che ci poniamo». Domande che incalzano prepotenti come l’incommensurabile dolore che affligge Domenico e Carol

Domenico Fusinato lo scorso anno si trovava con la sua famiglia ad Ardea poiché agli arresti domiciliari, indagato nell’ambito di un procedimento per droga. E ora quella misura risuona come una beffa, la più crudele che il destino potesse riservargli dal momento che le accuse sarebbero cadute. «Fusinato – come fa sapere il difensore – a gennaio di quest’anno è stato assolto in Corte d’Assise da tutti i capi di imputazione». La misura cautelare dei domiciliari gli era stata concessa dal giudice a patto che fosse lontano da Ostia. Di qui la decisione di spostarsi presso il domicilio di Colle Romito, ad Ardea. Insomma, i due fratellini non avrebbero dovuto essere nemmeno lì. Il procedimento per la morte dei piccoli David e Daniel e per quella del 74enne Salvatore Rainieri, è sul tavolo della Procura di Velletri. Solo dopo quattro mesi e le insistenze di parte, alla famiglia Fusinato è stata resa copia della consulenza medico legale sui corpi delle vittime. Tutto quello che hanno saputo è che i bambini «sono morti per un colpo d’arma da fuoco sparato dritto al cuore, mentre l’anziano è stato colpito alla nuca da dietro». Neanche l’ora esatta della morte al momento è conosciuta, importante per capire se i soccorsi sono arrivati con colpevole ritardo o meno. 

Al funerale dei due bambini, nel piazzale della chiesa Regina Pacis di Ostia, la folla liberò in cielo decine di palloncini bianchi e azzurri, i volti sul piazzale colmo di gente erano rigati dalle lacrime.

Una morte assurda che ha lasciato un vuoto incolmabile. A Domenico e a Carol non serve «giustizia», chi ha sparato ha rivolto quella stessa arma contro sé stesso, i loro figli non torneranno più ad abbracciarli. Ma l’idea che possano esserci altri “combat” pronti ad agire, che sia per una motivazione psichiatrica (non capita o non curata), sociale (ha avuto quell’uomo la giusta assistenza?) o per colpevoli omissioni o ritardi, li aiuterà ad andare fino in fondo perchè nessun altro dovrà provare lo stesso inferno. 

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Il Mattino