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La due giorni del G20 si è conclusa con un documento finale, ma anche con tante foto simbolo, con importanti strette di mano, con rappacificazioni: primo super vertice con capi di Stato e delegazioni in presenza, dopo il tempo del lockdown. Basterebbe questo per confermare quello che ieri Mario Draghi ha detto con soddisfazione: «È stato un successo». Ma è stato anche l’espressione della volontà di non far cadere nel vuoto gli appelli lanciati dagli attivisti sul clima. «Abbiamo riempito di sostanza i bla bla bla - ha dichiarato il premier -. In questo vertice abbiamo fatto sì che i nostri sogni siano ancora vivi, ma adesso dobbiamo accertarci di trasformarli in fatti».
GLI STANZIAMENTI
E i fatti sono questi: l’Italia triplicherà l’impegno finanziario per le questioni climatiche interne a 1,4 miliardi l’anno per i prossimi 5 anni, per dare il buon esempio: «Sono 7 miliardi circa», ha specificato Draghi. Mentre 100 miliardi all’anno di contributi volontari andranno ai paesi più poveri per migliorare le condizioni ambientali. Sempre l’Italia contribuirà con 4 miliardi di dollari, pari al 20 per cento della propria allocazione di DSP (diritti speciali di prelievo), all’impegno dei membri e dei paesi che sono invitati a indirizzare circa 45 miliardi di dollari per arrivare a questi 100 miliardi di dollari stabiliti. Ma non è tutto: Draghi cita anche la riforma della tassazione internazionale, «che si tentava di fare da anni senza riuscirci», il limite di 1,5 C° di surriscaldamento globale medio che «migliora gli Accordi di Parigi», l’allineamento «di alcuni Paesi scettici su posizioni comuni sulla decarbonizzazione», con evidente riferimento alla Russia e, soprattutto, alla Cina.
E al francese Emmanuel Macron: «È stato fatto un grande passo in avanti». Ed è da qui che si muoveranno i lavori della Cop26 che si sta svolgendo a Glasgow, sebbene tra ostacoli e paletti. Per il premier, comunque, il lavoro fatto in questi due giorni resta una buona base di partenza. Sebbene Cina, Russia e India abbiano faticato molto a sintonizzarsi con le linee generali proposte. «Sul clima per la prima volta i Paesi G20 si sono impegnati a mantenere a portata di mano l’obiettivo di contenere il surriscaldamento sotto i 1,5 gradi con azioni immediate e impegni a medio termine - ha insistito Draghi - Ed è stato deciso che i finanziamenti pubblici alla costruzione di nuove centrali a carbone non andranno oltre la fine di quest’anno».
LA DEADLINE
Va detto, però, che dalla bozza finale del documento di Roma è scomparsa la deadline del 2050 per un mondo a zero emissioni, sostituita da un più generico «entro o attorno» metà secolo. E questo nonostante gli enormi sforzi degli sherpa, che hanno lavorato tutta la notte per trovare un punto di incontro. Draghi ne rivendica «il successo», non fosse altro perché - considera - «getta le basi per una ripresa più equa». E ricorda che negli accordi di Parigi non c’era alcun tipo di scadenza, né vaga né precisa. Tanto che la cancelliera Angela Merkel si è spinta a sostenere che i leader riuniti a Roma sono stati «ancora più ambiziosi» di quando si riunirono nella capitale francese nel 2015. «Dalla Cina, poi - conclude il presidente del Consiglio - fino a pochi giorni fa mi attendevo un atteggiamento più rigido, c’è stata la volontà di cogliere un linguaggio più rivolto al futuro che al passato». E dedica un pensiero a Papa Bergoglio e alla sua forte posizione “green”. «È un alleato non solo del G20 - afferma - ma per tutto ciò che concerne il clima e la conservazione della Terra».
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Il Mattino